Folia Theologica 9. (1998)

Mirjam Kovač: Ministero sacro e consigli evangelici

72 M.kovaC sione ci svela che essi sono i consigli ehe troviamo nel vangelo. Se sfog- liamo le sue pagine troveremo molti e molto diversi consigli. Noi non parleremo di tutti, ma solo di quelli che nella Tradizione della Chiesa sono chiamati i consigli evangelici maggiori: la castità, la povertà e l’obbedienza. Si chiamano maggiori perché non sono solo le virtù ehe si possono osservare occasionalmente, ma abbracciano tutta la vita di una persona, sono un’atteggiamento stabile di colui che sceglie di viverli. Tra di loro sono collegati e non si puo vivere uno senza vivere anche gli altri due3. E quale è il contenuto di questo atteggiamento? Lo possiamo conos- cere se osserviamo come lo ha vissuto Cristo. Per lui i tre consigli sono un solo atteggiamento filiale d’amore, svelano il rapporto amoroso del Figlio verso il Padre4. Ma non solo. Il suo atteggiamento fa intuire al- meno un poco anche la ricchezza dei rapporti della Ss. Trinità: la relazi- one del Figlio verso il Padre indica anche quella del Padre verso il Figlio e quella dello Spirito Santo che è il loro Amore: è un amore che si dona tutto e in tal modo ehe, essendo l’unica ricchezza, diventa fecondo nel reciproco, completamente libero donarsi. I consigli evangelici quindi ci svelano un poco il mistero della vita Trinitaria. Alcuni autori dicono an­cora di più: «Consigli evangelici sono relazioni di vita trinitaria»5. Queste relazioni trovano la sua piena espressione nell’unico atteggia­mento d’Amore delle tre persone divine6. I consigli evangelici, quindi, nella vita di un uomo dovrebbero riflet- tere questa realtà. Lo afferma l’Esortazione apostolica Vita consecrata nel numero 21: la cgstità è «riflesso delFamore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria», la povertà l’espressione «del dono totale di sé ehe le tre Persone divine re­3 Cf. J. BEYER, Il diritto della vita consacrata, Milano 1989, 51. 4 J. Beyer lo descrive in questo modo: «Quando contemplo Gesù uomo, mi rendo conto che in Gesù c’è una sola volontà, fare la volontà del Padre suo; che in lui è un solo amore, e che tutto lo diede senza riserva nel celibato; e ehe fu povero, non perché non ebbe nulla — ebbe sempre tutto il necessario — ma perché la sua povertà consistette nel fatto ehe tutto ciö ehe possedeva era dono di Dio, e tutto era offerto a Dio. Il principio della povertà sta nella piena dipendenza nell’uso delle cose create, come l’obbedienza è dipendenza in tutto ciö ehe si fa, e il celibato è dipendenza da un solo amore: quello di Dio Padre che è amato senza riserva dal Figlio suo»; J. BEYER, La vita con­sacrata, Roma 1977, 14. 5 J. BEYER, «Dio è Amore», Vita Consacrata 28 (1992) 603. 6 Cf. J. BEYER, «Dio è Amore», Vita Consacrata 29 (1993) 73.

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