Folia Theologica 7. (1996)

Péter Szabó: Opinioni sulla natura delle "chiese sui iuris" nella canonistica odierna

240 P. SZABÓ canonica)16 che è il mezzo attraverso cui giuridicamente si esprime e si protegge la concessione della comunione gerarchica.17 (Anche se è ugu- almente vero ehe, nella prassi odierna, nelle Chiese orientali cattoliche vi è anche un altro elemento, sebbene indiretto, quello dell’asîeniMi' da par­te del Romano Pontefice, con scopo identico.18 Inoltre, secondo il CCEO can. 206 un vescovo eparchiale ehe esercita la sua potestà entro i confini della Chiesa patriarcale è tenuto a presentare la sua relazione quinquen­nale sullo stato della sua eparchia al proprio patriarca (benchè debba in- viarne una copia anche alla Sede Apostolica). Poi, il detto vescovo eparchiale (al contrario di tutti gli altri vescovi eparchiali cattolici19) è obbligato a compiere la visita ad limina solo una sola volta durante l’esercizio dei suo ufficio, entro cinque anni dalla sua ordinazione (can. 208). In queste norme del Codice orientale troviamo un chiaro eco dell’ecclesiologia dell’OE 2, dove — come abbiamo detto — viene forte­mente sottolineato ehe i soggetti primari della comunione ecclesiale sono piuttosto i gruppi delle Chiese particolari, radunati attorno ad una propria gerarchia. Con i vescovi di una Chiesa patriarcale il Romano Pontefice normalmente non ha dei rapporti diretti o ne ha molto menő che con gli altri. La Chiesa patriarcale, come ente integro, viene rappresentata prin- cipalmente seppure non esclusivamente attraverso il patriarca anche pres­so il vescovo di Roma.20 E vero che l’incarico di supervisione da parte di un capo gerarchico non trasforma necessariamente la sua Chiesa in soggetto della comunione ecclesiale, nè le particolarità della norma canonica appena riferite non ri- chiedono in astratto il quadro ecclesiologico dell’epoca antica. Perö, dati 16 CCEO can. 187 § 1 e can. 152 17 GHIRLANDA, G., "Comunione ecclesiale/ecclesiastica/gerarchica", in Nu- ovo diziomrio di diritto canonico, (SALVADOR, C., — DE PAOLIS, V., GHIR­LANDA, G., a cura di), Milano 1993, 213. (Si intende da sè, che l'ultimo rifer- rimento di questa comunione rimane sempre il vescovo di Roma, cfr.: LG 24 b). 18 CCEO can. 183 § 3; cfr.: BROGI, "Nomine vescovili nelle Chiese orientali cattoliche", in Kanon VII (1985)", 131-135, 140-141; SZABÓ P„ „A püspök­választást érintő jog változásai a keleti katolikus egyházjogban", in Teológia 20/3-4 (1996), (in corso di stampa). 19 Sebbene pure il Codice latino prescinda dalla visita ad limina in alcuni casi marginali (can. 400 § 3), la ragione di questa norma è lo stato primitivo di certe circoscrizioni ecclesiastiche equiparate giuridicamente alle diocesi. Nel caso del CCEO invece proprio al contrario, è la pienezza della struttura gerarchica ehe rende possibile a prescinderne. 20 BROGI, M., "Characteristics of the Eparchial Structure in the New Law for the Oriental Churches", in AA. VV., The Code of Canons of the Oriental Chur­ches. An Introduction, (GALLAGHER, C., ed.), Rome 1991, 62-63.

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