Folia Theologica et Canonica 11. 33/25 (2022)

Ius canonicum

120 PÉTER ERDŐ questo significava spesso il beneficio del Vescovo stesso, o la mensa episcopa­lis. Altre volte, invece, figurává come proprietario la chiesa cattedrale. Ma tutte queste figure non significavano la stessa comunitá dei fedeli. Oggi le diocesi e le parrocchie come comunitá sono persone giuridiche. II fatto ehe il Vescovo é rappresentante della diocesi non significa che egli da solo possa decidere in tutti gli affari economici della diocesi, perché la rappresentanza non significa potere di disporre liberamente sui beni. Per tale scopo ci sono organi precisi che aiutano il Vescovo nell’amministrazione dei beni (cif. CIC, can. 1274, can. 1277). Prima di tutto il Vescovo deve costituire e presiedere il consiglio per gli affari economici composto almeno da tre fedeli esperti in economia, nel diritto civile ed eminenti per integritä (cfr. CIC, can. 492, § 1). Ciö significa ehe i membri devono essere tutti cattolici, ma possono essere anche laici, non invece, congiunti dei Vescovo fino al quarto grado di consan­­guineitá o di affinitä (cfr. CIC, can. 492, § 3). Il ruolo principale di questo consiglio é di disporre il bilancio dei proventi e delle spese e approvare alia fine dell’anno il bilancio delle entrate e delle uscite (cfr. CIC, can. 493). Inol­­tre, il Vescovo deve nominare Veconomo, per un quinquennio, ma scaduto tale periodo puö ancora rinominarlo per altri quinquenni e non puö rimuoverlo se non per grave causa. Prima della nomina e della rimozione dell’economo, il Vescovo deve sentire il collegio dei consultori e il consiglio per gli affari eco­nomici (cfr. CIC, can. 494, § 1-2). L’economo deve amministrare i beni della diocesi secondo le modalitá definite dal consiglio per gli affari economici e sotto l’autoritá del Vescovo diocesano (cfr. CIC, can. 494, § 3). L’esercizio di questa autoritá da parte dei Vescovo sulPeconomo é una questione delicata. Certo ehe il Vescovo non deve impartire ordini diretti e continui all’economo, ma in special modo vigilare sui mantenimento dei bilancio preventivo appro­­vato. Se alcuni atti sono di maggior importanza, il Vescovo deve udire il con­siglio per gli affari economici e il collegio dei consultori; ha bisogno dei con­senso dei medesimo consiglio e dei collegio dei consultori “öltre che nei casi specificamente espressi nel diritto universale o nelle távolé di fondazione, per porre atti di amministrazione straordinaria. Spetta poi alia Conferenza Episco­pale stabilire quali atti debbano ritenersi di amministrazione straordinaria” (CIC, can. 1277). Per esempio, in Ungheria si qualificano come amministra­zione straordinaria anche la fondazione o soppressione di istituzioni (per es. scuole, ospizi, ecc.), affidamenti di lavori al di sopra di un certo valore, ecc. Ci sono regole speciali, le quali per l’alienazione di beni al di sopra di una somma definita oppure di ex-voto donati alia Chiesa o di oggetti preziosi di va­lore artistico o storico richiedono l’autorizzazione della Santa Sede (cfr. CIC, can. 1292, § 2). Altrimenti l’alienazione é canonicamente invalida. Se i beni ecclesiastici fossero stati alienati senza le debite formalitá canoniche, ma l’a­lienazione fosse civilmente valida, l’autoritá competente deve stabilire se si puö intentare un’azione o compiere altri passi giuridici (cfr. CIC, can. 1296).

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