Folia Theologica et Canonica 10. 32/24 (2021)

Presentazione del volume

268 PIERPAOLO DAL CORSO dettina, nonché con alcune legislazioni particolari, offrendo le proprie soluzio­­ni interpretative con convincente ragionevolezza argomentativa. Sotto il profilo metodologico é molto apprezzabile il modus procedendi dei vari interventi, i quali iniziano con una parte introduttiva, ove si presenta l’ar­­gomento, lo status questionis e gli obiettivi che ci prefigge, per poi passare all’analisi storica e giuridica gli istituti che vengono in rilievo, approfondendo le problematiche ehe possono sorgere, soprattutto nella loro attinenza pratica, anche pastorale; infine, si riassumono nelle conclusioni i risultati raggiunti. Dell’opera in questione, mi riferirö alie parti terza e quarta ehe raccolgono dei contributi del card. Erdő su questioni canoniche in materia liturgica e proces­­suale. I primi due interventi toccano questioni inter-rituali e inter-ecclesiali nell’­­ambito sacramentale, in rifermento al battesimo, alia cresima e alia penitenza. Innanzitutto si chiarisce un principio fondamentale: le due vigenti codifica­­zioni, pur provenendo dal medesimo Legislatore e pur considerando ehe il Codice delle Chiese Cattoliche Orientali (CCEO) costituisce un intervento normativo successivo - e quindi frutto di una maggior ponderatezza e consi­­derazione dell’esperienza maturata negli anni successivi alia promulgazione dei codex iuris canonici (CIC) restano portatrici di peculiaritá che ne dimo­­strano la reciproca autonómia l’una dali’altra. E questo é particolarmente evi­dente in caso di contraddizioni tra le loro norme, in ambiti comuni. Si dice infatti: «Dato che durante la preparazione del CCEO, sono state respinte le proposte ehe miravano ad estendere maggiormente il vigore del Codice orien­tale ai latini, sembra certo ehe il Codice orientale non si possa considerare un complemento giuridico dei CIC: questo significa che in caso di contraddizione con il Codice latino, il Codice Orientale, in genere, non puő obbligare i fedeli latini come norma posteriore dello stesso legislatore supremo» (p.509). Sono dunque due ordinamenti giuridici diversi, ma questa indipendenza non va tut­­tavia intesa come una separazione ermetica, non potendo mai prescindere dal­ia plena communio ehe riunisce tutte le Chiese particolari e quelle ‘sui iuris ’ nell’unitá dell'unica Chiesa cattolica, per cui non é necessario che, in materie ove manchino precise disposizioni, si ricorra ad una sorta di accordo bilatera­le di mutuo riconoscimento, come ben chiarisce 1’autore mutuando questo ter­mine analogico di paragone dal diritto intemazionale privato. Si deve tenere a mente quanto insegna il Concilio Vaticano II, ehe al n. 2 di Orientalium ecclesiarum afferma come la varietá dei riti nella Chiesa «non solo non nuoce alia sua unitá, ma anzi la manifesta» e al n. 3 dice; «tutte le chiese rituali sui iuris, orientali e occidentali, godono di pari dignitá, cosi ehe nessuna di loro prevale suile altre per ragione dei rito, e godono degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi». Certo, come ben sottolinea il cardi­nale, a questa fondamentale pari dignitá dovrebbe corrispondere, per il bene

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