Folia Theologica et Canonica 9. 31/23 (2020)

Ius canonicum

244 JUAN IGNACIO ARRIETA I. Le riforme codiciali come opzione legislativa Negli otto anni di pontificate di Papa Francesco c’é stato un numero esorbitan­­te di modifiche dei principale corpo legale della Chiesa latina, in confronto alie modifiche avute durante il pontificate di San Giovanni Paolo II, che pro­mulgo il Codice, o di Benedetto XVI. Giovanni Paolo II modified unicamente due testi del codice latino per ar­­monizzare il can. 750 CIC - e anche la corrispondente sanzione penale del can. 1371 CIC - al secondo comma della formula della Professio fidei vigente sin dal 1989, spiegando l’assenso che deve essere dato alle dottrine su fede e costumi proposte come definitive dalia Chiesa1. La modifica del canone si rese necessaria dopo aver constatato ehe una delle tre categorie di veritä considera­te nella suddetta formula mancava nel Codice - sia in quello latino ehe in quello delle Chiese orientali - della necessaria determinazione giuridica, sia disciplinare che penale. Questa é stata 1’unica variazione introdotta nel Codice latino in questo pontificate. Da parte sua, Benedetto XVI modifico unicamente cinque canoni dei testo legale coi motu proprio Omnium in mentem, dei 20101 2, ehe si occupo di due argomenti differenti. Da un lato, con la nuova redazione di alcuni testi - i cann. 1008 e 1009 CIC -, si voleva adeguare la formulazione codiciale alia redazio­ne definitiva dei n. 875 del Catechismo della Chiesa Cattolica ehe aveva pre­­cisato con maggiore rigore la differenza tra i gradi dell’episcopato e dei pre­­sbiterato, da un lato, e il grado del diaconato dall’altro3. D’altro lato, il motu proprio dispose la modifica di altri tre canoni - i cann. 1117, 1086 §1 e 1124 CIC - ehe correggeva la precedente disciplina secondo la quale erano dispensati della forma canonica dei matrimonio i cattolici ehe per “actu formali ab ea defeceritIn base ai nuovi canoni, anche tali fedeli, ehe hanno abbandonato la Chiesa, sono tenuti all’osservanza della forma ca­nonica in ordine alia validitá dei loro matrimonio. Non é adesso il caso di soffermarsi sui contenuto di ciascuno di questi cam­­biamenti. Tuttavia, 1’accennata questione dell’obbligatorietá della forma cano­nica é legata a problematiche non ancora risolte. Anzitutto, perché la questione dottrinale non riguardava solo il matrimonio, bensi, in modo piü generale, 1 Cfr. Ioannes Paulus II, M.P. Ad tuendam fidem (18 mai. 1998): AAS 90 (1998) 457-461. Giovanni Paolo II aveva approvato con Rescr. ex audientia (19 sept. 1989):^581 (1989) 1169 la nuova formula della Professio Fidei et Iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio nomine Ecclesiae esercendo (9 ian. 1989): AAS 81 (1989) 104-106. Vedi anche Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota doctrinalis Professionis fidei formulam extremam enucleans (29 iun. 1998): AAS 90 (1998) 544-551. 2 Cfr. Benedictus XV, M.P. Omnium in mentem (26 oct. 2009): AAS 102 (2010) 8-10. 3 II motu proprio aggiunse un nuovo paragrafo al can. 1009 CIC precisando che solo i sacerdoti - vescovi e presbiteri - agiscono nel suo ministero in persona Christi Capitis, mentre ai diaconi é afRdato il servizio della liturgia, della parola e della caritá.

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