Folia Theologica et Canonica 7. 29/21 (2018)
Recensions
326 RECENSIONS Conclusione Alla luce di quanto ho tentato di evidenziare, mi sembra chiara la scelta dell" A. nel redigere questo organico e sistematico Trattato di Diritto canonico2'. La scelta di ripensare tutto il Diritto canonico, e di conseguenza di presentarlo essenzialmente, come cid ehe e giusto nella Chiesal Questo con 1’intento di riuscire a suscitare 1’interesse di coloro ehe si accostano, per varie ragioni, ai Diritto canonico. In altri termini, di riuscire a toccare la corda giusta nella personality del lettore: dello studente prima di tutto, ma, per le ragioni presentate, a nostro awiso anche per il cultore ed operatore dei Diritto ehe sia. Qual é questa corda? La passione per la persona/fedele (cf can. 96). Il vero giurista, ci ricorda il proh Errázuriz con questo Trattato, non ama il Diritto e la Giustizia per se stessi. itui per il bene delle persone e dei fedeli, e per questo é chiamato a vivere con passione quello ehe gli antichi romani sentivano come una funzione ed un ruolo sacri. Percio non mi sembra fuori luogo ricordare quanto leggiamo nel Digesto ed attribuito ad Ulpiano: ‘T.Qualcuno, meritatamente, potrebbe chiamarci sacerdoti dei diritto: infatti, coltiviamo la giustizia e professiamo la conoscenza dei buono e delFequo separando l’equo dall’iniquo, discernendo il lecito dall'illecito, desiderando rendere buoni gli uomini non solo con il timore delle pene ma anche con 1’esortazione dei premi (. . .)’”4. Di conseguenza si capisce la proposta dell’A., non solo a livello didattico per gli studenti, ma per quanti s’interessano o devono applicare il Diritto canonico, cioé quella di far recuperare a tutti il senso ed il significato piü profondo dei Diritto canonico per la vita della Chiesa, dei Popolo di Dio. Un aiuto ad accos- 23 24 23 Lo stesso A. 1’afferma subito nella Premessa: cf vol. I. v-vii. 24 “Iuri operam daturum prius nosse oportet, unde nomen iuris descendat est autem a iustilia appellatum: nam, ut eleganter celsus definit, ius est ars boni et aequi. 1. Cuius merito quis nos sacerdotes appellet: iustitiam namque colimus et boni et aequi notitiam profitemur, aequum ab iniquo separantes, licitum ab illicito discernentes, bonos non solum metu poenarum, verum etiam praemiorum quoque exhortatione efficere cupientes, veram nisi fallor philosophiam, non simulatam affectantes (D.l.l.lpr. [Ulp. 1 inst.l). Quindi, Giustiniano, artefice dei Digesto inteso quale templum iustitiae, aveva un alta considerazione della sua opera e per conseguenza attribuiva a se stesso la funzione sacerdotale di cultore e garante della coppia concettuale ius/iustilia. ehe dominava appunto il frammento di apertura delPopera. Uno degli aspetti qualificanti di un progetto di monarchia universale fondata sulla forza delle armi e dei Diritto. Progetto antico ehe segno tutta la storia di Roma, ma ehe si evince dalia seguenti parole di Virgilio (70-19 a. C.l: Altri plasmeranno meglio le statue palpitanti, lo credo proprio, trarranno dal marmo volti vivi, tratteranno meglio i processi e descriveranno con lo strumento le strade dei cielo e prediranno gli astri nascenti: tu, Romano, ricordati di guidare i popoli coi potere. Tu avrai queste arti: iniporre usanze di pace, perdonare ai vinti ed abbattere i superbi1’. (“Excudent alii spirantia mollius aera credo equidem, uiuos ducent de marmore uultus, orabunt causas melius, caelique meatus describent radio et surgentia sidera dicent: tu regere imperio populos, Romane, memento haec tibi erunt artes, pacique imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos") Uineitie L. VI, 851).