Folia Theologica et Canonica 6. 28/20 (2017)

IUS CANONICUM - Davide Cito, Interpretazione ed applicazione delle circostanze attenuanti: questioni aperte

INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE CIRCOSTANZE ATTENUANTI... 199 o queste possono rivelarsi tra di loro incompatibili, per cui la circostanza esi­mente o attenuante non è applicabile alla fattispecie in questione12. Allo stesso tempo la violazione della legge o del precetto fatta con imputa­bilità occorre anche che sia antigiuridica, nel senso che deve opporsi al bene tu­telato dalla norma penale, quale elemento fondamentale perché vi sia delitto. A differenza però dell’imputabilità, l'antigiuridicità di un comportamento è le­gata a fattori più oggettivi, tecnicamente chiamati cause di giustificazione, la cui presenza esclude il delitto e conseguentemente la sua punibilità. La dottrina canonistica13 parla anche di cause di giustificazione o di legittimazione, mutu­ando una terminologia della penalistica secolare, in quanto in questi casi l'ordi­namento penale rende lecito e toglie carattere di antigiuridicità alla condotta materialmente contraria. In questi casi parlare di inimputabilità dell'atto crimi­noso pare improprio in quanto ad esempio chi uccide per legittima difesa lo fa normalmente con coscienza e volontà; anzi lo fa con piena consapevolezza proprio allo scopo di salvare la incolumità propria o altrui. L’imputabilità giuri­dica quindi sussiste e sussiste in modo pieno. Ma l’ordinamento penale giustifi­ca tale comportamento rendendolo legittimo e secundum ius'4. La dottrina ha allora affermato che tali circostanze intervengono a togliere l’elemento oggetti­vo del delitto - legis violario - per cui non si potrà neanche più parlare di con­dotta materialmente antigiuridica15. A questo punto risulterebbe improprio affermare che uccidere per salvare la propria o altrui incolumità è un comportamento non imputabile, quanto piuttos­to sia più opportuno affermare che non si tratta di una violazione di legge in senso oggettivo e materiale in quanto le cause di giustificazione intervengono proprio ad escludere l’elemento oggettivo del reato. In questo caso viene meno l’azione prevista come delitto, perché compiere un’azione a motivo di legittima difesa significa compiere un'azione diversa da quella prevista come delitto, con­12 Non si potrà ad esempio invocare il grave incomodo se in capo al soggetto incombeva l’obbligo giuridico di esporsi al pericolo, cfr. Roberti, F., De déliais etpoenis, 104: "si periculi timor eli- datur a speciali assumpta obligatione assistendi fidelibus tempore pestis”. 13 Sulla determinazione di quali siano le cause di giustificazione perlatro la dottrina non è unani­me. Ad esempio il Coccopalmerio ritiene che solo la legittima difesa è causa di esclusione dell’elemento oggettivo del reato. Cfr. Coccopalmerio, F„ La normativa penaledella Chiesa, in Cappellini, E. (a cura di), La normativa del nuovo Codice. Brescia 1985. 316. 14 E interessante notare, a tal proposito, come già l’Aquinate riteneva che il furto compiuto in caso di estrema necessità perdesse il suo carattere di antigiuridicità, per cui non si poteva neanche più parlare di furto. S. Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, IMI, q. 66, a. 7: "Nec hoc proprie habet radonéin furti vei rapinae. (...) uti re aliena occulte accepta in casu necessitatis extremae non habet rationem furti, proprie loquendo. Quia per talem necessitatem efficitur suum illud quod quis accipit ad sustentandam propriam vitám”. 15 Michiels, G., De delictis et poenis. I. 246: "Moderniores (...) communius affirmant eas potius considerandas esse ut causas objectivum delicti elementum seu anti-juridicitatem actus auferen- tes, ita ut actus sub earum influxu positus habendus sit omnino licitus atque juridicus”.

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