Folia Theologica et Canonica 6. 28/20 (2017)
IUS CANONICUM - Damián G. Astigueta, Circostanze aggravanti della pena: Alcune precisazioni
CIRCOSTANZE AGGRAVANTI DELLA PENA: ALCUNE PRECISAZIONI 189 4. Problema: differenza tra la fattispecie del c. 1389 § 1 e l’aggravante del c. 1326 Fino all'esame generale della circostanza in questione tutto sembra molto chiaro. Il problema si pone quando in diversi processi, specialmente sugli abusi sessuali, il reo viene accusato non solo di aver commesso il delitto previsto dal c. 1395 § 2, ma anche di abuso di potestà (c. 1389 § 1 ) "con” l'aggravante del c. 1326. Ci può essere d'aiuto fare una comparazione tra le due norme: Can. 1326 — § 1. Il giudice può punire Can. 1389-§ 1. Chi abusa della potestà eccle- più gravemente di quanto la legge o il siastica o dell'incarico sia punito a secondo la precetto stabiliscono (...) - 2) chi è ì gravità dell'atto o dell'omissione, non escluso costituito in dignità o chi ha abusato con la privazione dell’ufficio, a meno che dell’autorità o dell’ufficio per com- contro tale abuso non sia già stata stabilita una mettere il delitto (...). pena dalla legge o dal precetto. Anche se risulta evidente che si tratta di un problema interpretativo poiché l’abuso di potestà ricade sotto la previsione di due norme differenti, una delle quali è una fattispecie (c. 1389 § 1 ) perciò l’abuso costituisce il nucleo dell'attività punita, e l’altra solo un aggravante (c. 1326 § 1 n°2), perciò suppone che il delitto è stato perfezionato aggiungendosi l’abuso come un accidente, come un elemento secondario. Se teniamo conto che raramente un sacerdote non ha un ufficio o un incarico nella Chiesa, di solito si potrebbero applicare tutte e due le norme in tutti i delitti commessi da lui, oltre la fattispecie centro del problema. Ad es. se un parroco mentisse nella confezione di un documento, potrebbe essere punito per il delitto di falso, per abuso di potestà (c. 1389 § 1) e abuso di autorità (c. 1326). A quanto pare sembra che il Legislatore abbia commesso una svista nella previsione delle norme oppure che non si capisce bene come le due norme possano interagire tra di loro e con le altre fattispecie. Il primo punto che ci ha sorpreso in questa riflessione, è il silenzio che al riguardo si constata nella dottrina. Quasi tutti gli autori spiegando le due norme sembrano ripetere la stessa riflessione, ma esse non sono mai messe a confronto in modo esplicito cercando di mostrare il limite di ognuna e il modo di applicarle. Vogliamo tentare di colmare quest’apparente lacuna dottrinale, per quanto sia possibile.