Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

RECENSIONS

274 RECENSIONS nistratrice di ciò che ha ricevuto. Infine, non è fuori luogo notare che di difficile giustificazione e spiegazione sarebbe l’introduzione del requisito della fede per potersi sposare (in quanto non quantificabile e non essenziale con certezza per la validità od il suo accertamento), data la recente decisione del Legislatore di derogare ai cann. 1117; 1086; 1124, vista proprio la difficoltà di determinare e configurare teologicamente e praticamente l’atto formale di separazione dalla Chiesa. Di fatto, inoltre, l’introduzione di un altro requisito legale non farebbe altro che confermare l’opinione della così detta giuridizzazione dell’istituto del matrimonio da parte della Chiesa. In ogni caso, tenendo presenti tutte le dif­ficoltà derivanti da un’eventuale introduzione di un ulteriore requisito e non es­sendo affatto chiara l’utilità ed i vantaggi di una simile introduzione, non si danno le condizioni minime prudenziali, ricordate da san Tommaso, per un cambiamento della normativa vigente in materia. Quindi, il requisito della fede come validità di un matrimonio sacramentale, non terrebbe conto dei seguenti aspetti che elenchiamo di seguito in modo schematico: 1 ) San Tommaso ricorda che: “(...) non si deve mai mutare la legge umana, se non ne derivi da qualche parte un compenso per il bene comune, proporzio­nale al fatto che da questa parte viene menomato. E questo accade o per il fatto che dal nuovo statuto deriva una somma ed evidentissima utilità; o per il fatto che la legge consueta contiene una manifesta iniquità, o perché la sua osservan­za è dannosa ai più. Di conseguenza l'esperto di diritto dice che 'nell’istituzio­ne di nuovi statuti, vi deve esser un’evidente utilità, per allontanarsi dal diritto che a lungo è stato considerato giusto’” (5. Th., I-II, 97, 2 c.). 2) La legge umana deve comandare ciò che è giusto, retto e possibile far compiere ed osservare da parte della comunità, non solo fisicamente, ma anche moralmente. In linea di massima, le leggi che richiedono comportamenti “esigenti" si giustificano solo in nome del bene comune o nel caso si tratti di norme riguardanti un determinato stato di vita. Non bisogna mai dimenticare che la legge deve essere necessaria, o almeno utile, affinché la comunità possa raggiungere il suo fine (= bene comune attraverso la realizzazione di ciò che è giusto a tutti i livelli: naturale e soprannaturale), altrimenti non sarebbe né giusta, né razionale ed i soggetti non sarebbero di per sé obbligati ad osservarla. Ora ciò che è inutile di per sé non conduce al fine (cf Chiappetta, L., Il Codice di Dirit­to canonico. Commento giuridico-pastorale, vol. I, Libri I-II, a cura di Catoz- zella, F. - Catta, A. - Izzi, C. - Sabbarese, L., Bologna 2011. pp. 15-16). 3) Una regola fondamentale che deve essere seguita da coloro che hanno l’autorità di promulgare le leggi, in ordine al buon governo, è quella di dare po­che leggi (necessarie, utili, certe, ecc.), altrimenti si corre il rischio di verificare quante siano vere le parole di Publio Cornelio Tacito: “Corruptissima re publi­ca plurimae leges” (Annales, Libro III, 27). 4) Nella Lettera Ap., M.P., Omnium in mentem, del 26-X-2009, leggiamo: “Il Codice di Diritto Canonico stabilisce tuttavia che i fedeli, i quali si sono se­

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