Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
RECENSIONS
RECENSIONS 273 disposti sul piano soprannaturale, pur tuttavia intendessero dare e ricevere un consenso coniugale naturale totale e totalizzante, e dunque obiettivamente sacramentale, obbligandolo alla simulazione della formula liturgica ad validitatem. L’introduzione di ulteriori requisiti giuridici ad validitatem porterebbe quale indubbia conseguenza l’aumento esponenziale dei matrimoni obiettivamente nulli, ed esporrebbe conseguentemente all’ulteriore problema pastorale di far vivere molte coppie nel peccato. Aumenterebbero esponenzialmente anche i casi di matrimoni dall’incerta validità, col conseguente dovere, per la Chiesa, di dire a due coniugi - ancora di più in presenza di crisi matrimoniale - se essi siano effettivamente sposati o meno nel Signore. Ove, infine, gli sposi non intendessero invece simulare, in assenza di fede, la nuova ed imposta formula, e dunque preferissero anzi non sposare coram Ecclesia, si restringerebbe il loro ius connubii, negando ai battezzati, per il solo fatto che essi non hanno una fede matura, un istituto di diritto naturale, dalla Chiesa eppure pienamente riconosciuto anche ai non battezzati nella forma del matrimonio legittimo. L’introduzione di una nuova formula ad validitatem aggiungerebbe dunque solo i problemi sopra esposti, senza spostare di una virgola quanto accade già ordinariamente in ordine alle domande del processicolo. In sede di istruttoria nei processi di nullità del matrimonio, difatti, viene già richiesta giustificazione delle risposte date in sede di processicolo quali “perché oggi Lei si accusa di avere escluso l’indissolubilità, mentre invece in sede di processicolo dichiarò che si voleva sposare per sempre con la sua comparte, in quanto l’amava?”. La risposta, per qualsiasi capo di nullità, è sempre la stessa: “Se non avessi mentito, il prete non mi avrebbe sposato”. L'introduzione di una formula ulteriore, cagionerà identica risposta: “Se non avessi letto la formula, il prete non mi avrebbe sposato”. Appare dunque una obiettiva ed intrinseca irrationabilitas della proposta, la quale non solo non pare risolvere alcun problema, ma addirittura aggiungerne sul piano sia dottrinale, pastorale, sia dell’occasio peccati. Quanto sopra detto, ovviamente, varrebbe anche se la formula ad validitatem imposta agli sposi fosse previa, e non strettamente liturgica. La soluzione ai problemi oggi allo studio, oltre a disconoscere i precedenti storici, non può passare attraverso decisioni superficiali ed affrettate di soluzioni meramente liturgico-giuridiche che paiono solo clericalizzare il matrimonio ( Veritas et non auctoritas facit legem), rendere sempre più scollata dalla realtà post-cristiana l’azione pastorale della Chiesa, e ingenerare confusioni segnatamente sul piano dottrinale e teologico. L’unica via percorribile appare il vero accompagnamento degli sposi, secondo quanto già espresso dal magistero della Chiesa (la preparazione remota all’amore; il tempo della preparazione prossima e della preparazione immediata). Ex post, varrebbe il rimedio, già percorribile, della dichiarazione della nullità del matrimonio, verificata seriamente per via giudiziale, caso per caso, escludendo ogni apparenza o sospetto di non perseguimento della verità, nella fedeltà al ministero che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, cioè di essere ammi-