Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Carlos José Errázuriz M., Sul rapporto tra teologia e Diritto canonico: il binomio dottrina-disciplina
204 CARLOS JOSE ERRAZURIZ M. la salvezza delle anime». Si sottolinea però che le basi teologiche offerte all’attuazione del diritto canonico sono spesso generiche e indifferenti rispetto alle possibili concretizzazioni della norma canonica. Perciò, si afferma la «non identificazione della Teologia e del Diritto canonico, così come il carattere relativo della regola canonica davanti al carattere assoluto, quantunque generico, della norma teologica». Dimenticare ciò porterebbe a una indebita “teologizza- zione” del diritto canonico e alla corrispettiva “giuridizzazione” della teologia. Infatti, non si deve cedere alla tentazione di «teologizzare i fatti compiuti», ossia «di identificare delle leggi, degli usi e delle consuetudini magari molto stabili (e la forza di una tale tentazione è proporzionale a questa stabilità), con delle norme di diritto divino di carattere immutabile, quando non si ha in effetti che delle regole canoniche che rientrano nel campo del potere discrezionale della Chiesa, che le può modificare». La relatività del diritto canonico comporta il suo essere «uno strumento per la pastorale», il quale «rivede continuamente la sua fedeltà teologica e il suo adeguarsi pastoralmente. La costituzione sociale della Chiesa, non essendo immutabile che nelle sue linee sostanziali, rende possibile questa revisione; e le necessità mutevoli della pastorale la rendono necessaria». Dinanzi al compito allora posto di riforma del Codice, di aggiornamento cioè della disciplina, gli autori avanzavano Formai notissima loro proposta, di «de- teologizzazione» del diritto canonico e di «de-giuridizzazione» della teologia. Conviene osservare che questo approccio al diritto canonico è molto esplicitamente positivistico. Basta considerare la concettualizzazione relativistica e strumentale che di esso si offre, nonché il fatto che l’apporto della teologia viene percepito come pre-giuridico o meta-giuridico. Ciò implica che giuridica è solo la regola umana, puro mezzo per regolare ed ordinare la pastorale, collegato con la verità della Chiesa solo in quanto non dovrebbe urtare contro la sua sostanziale costituzione sociale, possibilità talmente remota da non destare preoccupazione. Nel contempo, la teologia viene invitata a ritirarsi dall’ambito delle soluzioni concrete, rimanendo confinata in uno spazio di regole sì assolute ma generiche, compatibile con un’ampia varietà possibile di regole giuridiche concrete ma relative, mutevoli entro una cornice che rimane piuttosto vaga ed ininfluente. Il testo di Concilium era di natura chiaramente programmatica, vale a dire intendeva proprio superare uno stato di cose precedenti per arrivare a un’impostazione rinnovata del diritto canonico. In questo senso, esso consente anche di comprendere l’atteggiamento di fondo della tradizione canonica sui rapporti che ci interessano, persistente fino a quel momento indipendentemente dall’in- flusso della codificazione. Vi era stata infatti sempre una percezione del legame profondo tra teologia e diritto canonico, tra verità dottrinale e soluzione disciplinare. Se gli editorialisti di Concilium insistevano sulla separazione, ciò significa che l’unità era molto profondamente sentita nella Chiesa, al di là delle sfumature riscontrabili nei vari momenti di evoluzione dello ius canonicum. Non è