Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Péter Erdő, Il parroco deve conoscere la lingua Dei fedeli - Osservazioni giuridico-canoniche a propositio delle Regole della Cancelleria (ss. XIV-XVI)
IL PAROCCO DEVE CONOSCERE LA LINGUA DEI FEDELI 147 la parrocchia. Egli precisa però che nell’applicazione di questa regola s’intende sotto “benefici curati” quelli che comportano la potestà nel foro penitenziale, all’esercizio della quale è necessaria la mutua comprensione, cioè la conoscenza della lingua56. Un’altra domanda era se si poteva presumere la sola conoscenza della lingua della madre o anche di quella del padre, soprattutto nei casi in cui il candidato più tardi parlava ambedue. La risposta di Gómez era conforme ad una decisione, allora recente, della Rota. Secondo l’autore, la conoscenza attuale di una lingua serve come base per introdurre la presunzione che la stessa persona la conosceva anche prima, perché occorre parecchio tempo per imparare una lingua. In tale contesto egli fa anche un’osservazione personale dicendo che egli stesso “ultimo di tutti gli uomini” conosce molto bene non solo la lingua dei suoi antenati materni, lo spagnolo, ma ugualmente anche quella degli antenati paterni, il valenziano, ed inoltre l’italiano ed il latino57. A proposito della stessa regola Gómez aggiunge che il parroco deve conos- cerer, oltre la lingua “naturale” del popolo, anche il latino, perché senza di esso non può avere la scienza necessaria per il suo ufficio58. 3. Pierre Rebuff Pierre Rebuffi, professore in diverse università francesi, aveva anche varie funzioni civili, tratta la regola che si riferisce alla conoscenza di lingue del parroco come Regola 20 della Cancelleria, poiché il suo commento segue la versione delle Regulae Cancellariae emanate da Paolo III59. La prima caratteristica della 56 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 1 n. 5: fol. 64v (“Dicitur ergo benefìcium curatum, quoad propositum istius regulae, illud, quod habet potestatem fori poeni- tentialis, ad quod exercendum requiritur mutua et reciproca intelligentia sermonum, sive idio- matis illius loci”). Altri commentatori ribadiscono inoltre che la potestà nel foro della penitenza in se non basta per un beneficio con cura delle anime; cf. Stafileo, G. (Ioannes Staphileus), Tractatus de gratiis expectativis ac aids litteris Gratiae et lustitiae, Venetiis 1590. fol. 46v (“Patet igitur ex premissis benefìcium dici curatum quando habet certam parrochiam seu ali- quando habuit cum potestate fori penitentialis f...]. Ex quo datur intelligi quod non sufficit po- testas fori penitentialis siue certa parrochia ad hoc ut quis dicatur curatus. alias quilibet sacerdos ex quo habet potestatem ligandi et soluendi diceretur curatus quod esset absurdum”). 57 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 13 n. 4: fol. 65v (“Narri et ego omnium hominum postremus, non solum linguam maternorum avorum Castellanam, sed etiam paternorum Valentianam, aequa eruditione percaleo, linguae etiam Italae et Latinae non igna- rus: quae quidem linguarum disciplina de praesenti apparens, de necessitate praesumi debet, tractum praeterito habuisse”). 58 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 15 n. 1: fol. 66r („Concluden- dum igitur est, in rectore duplicem linguam necessariam esse, unam vernaculam, seu populärem, quam ista regula requirit, aliam latinam, ut quid populo loqui debeat, intelligat”). 59 Cf. Göller, E., Die Kommentatoren der päpstlichen Kanzleiregeln (1906) 260.