Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Péter Erdő, Il parroco deve conoscere la lingua Dei fedeli - Osservazioni giuridico-canoniche a propositio delle Regole della Cancelleria (ss. XIV-XVI)
IL PAROCCO DEVE CONOSCERE LA LINGUA DEI FEDELI 143 sibilmente la loro lingua, ma non come materna37. Tutto ciò, quindi, anche l’affetto di vicinanza proveniente dalla comunicazione con qualcuno che ha la stessa lingua materna, sembra essere non solo di diritto umano, ma di diritto divino, perché lo Spirito Santo è disceso sugli Apostoli a Pentecoste proprio per dare loro il dono delle lingue, perché riteneva necessaria la conoscenza della lingua dei destinatari per il compito di predicare ed amministrare i sacramenti38. Per chiarire ulteriormente la funzione della lingua materna nella Chiesa, l’autore racconta che i cardinali vengono scelti da tutte le nazioni, perché ciascuno di loro, conoscendo i costumi della propria gente, possa meglio amministrare la giustizia. Tale osservazione può riferirsi al luogo di origine e non diretta- mente alla lingua. Luis Gómez avverte però che secondo il cardinale Domenico Jacobazzi39, il quale segue l’opinione di Antonino Fiorentino40, di solito non si assumono dei tedeschi tra i cardinali, per evitare che essi rivelassero i segreti della Chiesa agli imperatori. Ai tempi dell’autore tuttavia si osserva difficilmente questa usanza, perché, per la difficoltà della lingua tedesca, la loro presenza risulta proprio necessaria nel collegio cardinalizio41. Nel commento di Gómez alla regola sulla lingua si riscontrano anche punti di vista che si riferiscono all’appartenenza nazionale ossia ad un certo paese, questione trattata in un’altra regola della Cancelleria42, ma collegata con la lingua per esempio già nella Costituzione Lateranense 9. Il collegamento emozionale e sociale, di mutua difesa e protezione, con i compatrioti è talmente forte che, secondo il Panormitano, l’appartenenza alla 37 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. I n. 11 : fot. 59r (“sacramenta et praedicationes ministrata et gesta per homines eiusdem idiomatis grata magis fore et accepta originariis eiusdem linguae, quam si per alium non nativum habenlem idioma, licet intelligibile ministrarentur. Et hoc non solum iure positivo, sed etiam a iure divino introductum videtur. Ut quid enim Spiritus Sanctus in Apostolos veniens, illis varris linguis loquendi facultatem daret, nisi putaret necessariam fuisse ad officium praedicandi et ministerii sacramentorum idiomatis intelligentiam; Quilibet enim eos in lingua sua loquentes intelligebant et mirabantur”). 38 Ibidem. 39 Jacobazzi, D. (Iacobatius), De Concilio Tractatus, Lib. I, art. 12: ed. Romae 1538. 40b (C). 40 Antonino Florentino, Summa Sacrae Theologiae, Iuris Pontifica et Caesaeri, Pars III, tit. 21 c. 2 § 2: ed. Venetiis 1571. fol. 375vb. 41 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 6: fol. 58v (“Cardinales de- bent eligi de omni natione, ut unusquisque genti suae, cuius mores et aditus notiores habet, fa- cilius et certius valeat iustitiam ministrare: quis enim negabit originarios melius conditiones hominum suae patriae cognoscere, quam quivis alius? f.,.1 quamvis de omni natione debeant Cardinales eligi, non tarnen consuevit ecclesia de Alemania Cardinales assumere, ne secreta ecclesiae imperatoribus pandantur [... 1 quod tarnen hodie male servatur, quia attenta difficultate idiomatis, magis necessarii sunt ex illa natione, quam alia”). 42 Innocenzo Vili, Reg. 15: ed. Lugduni 1531. fol. 153rb (Tra quelli che vogliono ottenere dei benefici già vacanti o che saranno vacanti nel futuro precedono i candidati locali rispetto a quelli di altra provenienza: „ceteris partibus oriundus non oriundo: et diocesanus non diocesano [...1 be- neficiorum assecutione preferatur”). A questa preferenza fa riferimento già Innocenzo III in una sua disposizione che riguarda la provvista dell’arcivescovato di Esztergom (6 ottobre 1205): X 1.5.4.