Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Il parroco deve conoscere la lingua Dei fedeli - Osservazioni giuridico-canoniche a propositio delle Regole della Cancelleria (ss. XIV-XVI)

142 PÉTER CARD. ERDŐ se IV (X 1.31.14)”. Elencando i doveri del parroco, conclude che non è possi­bile compierli se uno non capisce e non parla in modo comprensibile la lingua dei fedeli. Oltre alla comprensione però, egli avverte anche un altro motivo: chiunque prova un affetto più amichevole per quelli che sono della propria lin­gua e della propria patria. Quindi, pure questo può essere dedotto dalle fonti del diritto canonico e dalla prassi della Curia Romana29 30. Si aggiunge che questa re­gola risulta conforme al diritto comune, cioè non costituisce una eccezione alla norma generale, e quindi deve essere interpretata in senso largo, come favore­vole31. Da questo fatto e dalla prassi della Rota Romana conclude poi che la re­gola obbliga anche i cardinali, ai quali le Regole delia Cancelleria in generale non si riferiscono32. La stessa interpretazione larga richiede che tale regola ven­ga applicata anche fuori della Curia Romana, alla provvista (episcopale, ecc.) di tutte le parrocchie. Ciò viene confermato dalla giurisprudenza rotale riguar­do la rinuncia all’ufficio per malattia. Tale giurisprudenza si applica per l’ana­logia anche ai casi della mancata conoscenza della lingua dei fedeli trattandosi di incapacità di compiere i doveri d’ufficio in ambedue i casi33. In base ad una notevole erudizione biblica, giuridica ed umanistica l’autore illustra la funzione psicologica e sociale della lingua materna che crea e rinfor­za i legami della comunità. Fa riferimento al libro della Genesi che presenta la diversità delle lingue come una punizione di Dio (Gen 11,7)34, nonché ai rispet­tivi brani del Deuteronomio (Dt 28,49) e del profeta Geremia (Ger 5,15) che presentano come un castigo di Dio i padroni stranieri che comandano alla co­munità, ma usano una lingua straniera35. Afferma che è cosa naturale che per ognuno la lingua propria è quella principale e la più cara36. Per cui i fedeli accet­tano più volentieri i sacramenti, le prediche ed anche le azioni da uno che ha la loro lingua come lingua materna che da un altro che capisce e parla compren­29 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 2: fol. 58r. 30 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 4: fol. 58r (“Et adeo hoc verum est, quod propter hatte rationem in litteris apostolicis expressio nationis requiritur, ut sic Papa unicuique provideat in patria ipsius: ubi melius originarius et cum maiore animi charitate inter notos eiusdem linguae ministrabit sacramenta, quam exterus, ut patet in c. quoniam. de offì. ordì. [X 1.31.14] et tradunt docto/res/ in c. si proponente, de rescrip. [X 1.3.42], Et est etiam de hoc edita regula cancellariae ordine xv.”). 31 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 3: fol. 58r (“sicut ex iure communi lata interpretatio fieri debet: quia favorabile, ut notât glo. in c. primo de rer. permuta, lib. vi. fVI 3. IO. 1] et ibi per Gemini, et in glos. ifi. capitu. statútum, de preben. lib. vi. fVI 3.4.3]. Ita pari ratione interpretanda érit ista regula”). Cf. Giovanni D’Andrea, Glossa ordinaria, ad VI 3.4.3 v. Numerandum: ed. Sextus Decretalium , Venetiis 1567. 234. 32 Gómez, L„ Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 3. nn. 5-6. 8: fol. 61v. 33 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 6: fol. 63r. 34 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 9: fol. 59r. 35 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 16: fol. 59v. 36 Ibidem.

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