Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)

IUS CANONICUM - Helmuth Pree, Questioni interrituali e interecclesiali nell’amministrazione Dei sacramenti

QUESTIONI INTERRITO ALI EINTERECCLESIALI... 229 1. La facoltà del confessore acattolico in pericolo di morte In pericolo di morte “quilibet sacerdos”, vuol dire, qualsiasi persona valida­mente ordinata sacerdote, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti da qualsiasi censura e peccato: cc. 976 CIC, 725 CCEO. Inoltre, secondo i due Co­dici, il confessore gode della facoltà di dispensare in pericolo di morte dagli im­pedimenti matrimoniali occulti nel foro interno (cc. 1079 § 3 CIC, 796 § 2 CCEO). La questione è, se tale facoltà sia una delega ipso iure del ministro acattolico oppure un semplice riconoscimento delle sue proprie facoltà in base al suo proprio ordinamento giuridico. Tertium non datur. Nelle due fattispecie predet­te si tratta di una autorizzazione o delega da parte del legislatore cattolico57 58, per il bene delle anime oppure la salus animarum. La formulazione nella legge cat­tolica non permette nessun dubbio sulla intenzione assoluta del legislatore, nel senso che detta potestà vale in pericolo di morte senza restrizioni ed eccezioni, e indipendentemente dall’esistenza o meno di queste facoltà secondo il diritto proprio del ministro acattolico. 2. La facoltà del confessore acattolico secondo c. 844 § 2 CIC e 671 § 2 CCEO La domanda si pone perché l’amministrazione valida del sacramento della Pe­nitenza richiede, oltre alla potestà di Ordine, la particolare facoltà di ricevere le confessioni (cc. 966 § 1 CIC, 722 § 3 CCEO). Secondo Primetshofer si tratta in questo caso di un semplice riconoscimento (“Anerkennung”) della facoltà del ministro acattolico, non invece di una delegatio a iure.’* Tale interpretazio­ne fa dipendere la facoltà dalla sua esistenza secondo il diritto proprio del mi­nistro; in altre parole: se in verità la facoltà del ministro, benché validamente ordinato, per qualsiasi ragione non esistesse nel caso concreto, questa non ver­rebbe sostituita dal diritto cattolico. Tale interpretazione sembra essere diffìcil­mente compatibile con la ratio legis, cioè rendere possibile l’accesso a deter­minati Sacramenti in casi eccezionali (necessità, inaccessibilità del proprio ministro). Secondo il tenore del § 2 in tutt’e due i Codici, la facoltà non dipende dalla sua esistenza secondo il diritto proprio del ministro nel caso concreto; anzi, è sufficiente, oltre all’essere validamente ordinato sacerdote, che nella sua Chiesa esistano i rispettivi sacramenti validamente. Pertanto sono del parere che anche in questo caso il legislatore cattolico utilizza lo strumento della dele­gatio a iure. 57 Cfr. Primetshofer, B., Konfessionsübergreifende Jurisdiktion, 52. 58 Primetshofer, B., Konfessionsübergreifende Jurisdiktion, 52-53.

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