Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Le liturgie orientali dopo la Sacrosanctum Concilium - Aspetti teologici e giuridici

148 PÉTER ERDŐ tuzione conciliare ve ne sono parecchi che “possono e devono essere applicati sia al rito romano, sia agli altri riti” (SC 3), benché le norme pratiche debbano intendersi come riguardanti il solo rito romano (cf. ibid.). Esistono però nel documento altre cose che “per loro stessa natura si riferiscono anche ad altri riti” {ibid.). Secondo il commento di Jungmann, è stata una questione molto discussa già nella fase preparatoria,3 come potrà il concilio limitarsi a rilasciare disposizioni più o meno concrete circa la liturgia del rito romano, senza dare precisazioni riguardo gli altri riti. Il tema è stato ripreso negli interventi di diversi vescovi orientali, tra i quali alcuni riconoscevano che i principi fonda- mentali presentati erano importanti per la loro liturgia4. La risposta è stata che l’attenzione speciale al rito latino proveniva dalla prevalenza numerica della chiesa latina e dalla circostanza che la riforma delle liturgie orientali dovrà tener conto sia delle comunità cristiane separate, sia dei rispettivi movimenti liturgici5. Nel punto 4 della costituzione liturgica viene dichiarata l’uguaglianza di “tutti i riti legittimamente riconosciuti”, ed espressa la volontà del concilio “che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati, e (...) che (...) vengano prudentemente riveduti in modo integrale nello spirito della sana tradizione e venga dato loro nuovo vigore secondo le circostanze e le necessità del nostro tempo” (SC 4). Il testo prevede quindi la riforma anche della liturgia degli altri riti, ed indica i criteri generali di tale riforma: la tradizione e le neces­sità del nostro tempo. Quasi identici sono i criteri generali della riforma litur­gica indicati nel n. 23 della costituzione, dove si parla di sana tradizione e legit­timo progresso (cf. SC 23). Si ribadisce la necessità “che le nuove forme scaturiscano in maniera in qualche modo organica da quelle già esistenti” {ibid.). In base a tali principi è chiaro che due altri documenti del concilio dovevano ritornare più dettagliatamente sulla questione delle liturgie orientali. L’Orien- talium Ecclesiarum e VUnitatis Redintegratio sono i luoghi dove vengono formulati criteri più dettagliati sulla liturgia delle chiese orientali. Il n. 6 dell’ Orientalium Ecclesiarum ripete prima di tutto un antico principio che è stato sempre importante quando una comunità di cristiani orientali ha accettato la piena comunione con la chiesa cattolica. Già la prima codificazione canonica orientale riteneva necessario affermare in modo quasi solenne il principio che i riti orientali, che confermano l’unità divina della fede, devono essere religiosa- mente osservati. Il canone 1 § 1 del Motu Proprio Cleri Sanctitati dice infatti “Orientales rítus, quorum augusta antiquitas et praeclaro est ornamento eccle­3 Per i lavori di preparazione vedi Lameri, A., La "Pontificia Commissio de sacra liturgia praeparatoria Concila Vaticani II". Documenti. Testi, Verbali (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae, Subsidia 168), Roma 2013. 4 Jungmann, J. A., Konstitution über die Heilige Liturgie, 16-17. 5 Jungmann, J. A., Konstitution über die Heilige Liturgie, 17.

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