Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Le liturgie orientali dopo la Sacrosanctum Concilium - Aspetti teologici e giuridici

LE LITURGIE ORIENTALI DOPO LA SACROSANCTUM CONCILIUM 149 siae omni et fidei catholicae divinam unitatem affirmât, religiose serventur”6. Alla luce di questi dati fondamentali è ben comprensibile che né la Santa Sede, né il concilio volevano dare principi troppo concreti per una riforma delle liturgie orientali. La possibilità di conservare le proprie tradizioni faceva sem­pre parte dei patti di unione. Data questa situazione il n. 6 dell’ Orientalium Ecclesiarum continua pre­cisando che “gli orientali (...) sempre possono e devono conservare i loro legit­timi riti liturgici e la loro disciplina, e (...) non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del proprio organico progresso” (OE 6). Anzi s’indica una logica speciale per la riforma delle liturgie orientali dicendo che gli stessi cat­tolici orientali devono approfondire la conoscenza della propria tradizione e qualora le genuine tradizioni fossero venute meno, cerchino di ritornare alle tradizioni antiche (ibid.). In tal modo la riforma liturgica nelle chiese cattoliche orientali ha rivestito spesso la forma di ripristinazione di antiche tradizioni e di lotta contro le latinizzazioni sopravvenute. Rimane tuttora attuale la questione su come si armonizzino i due principi: quello di rispondere alle necessità dei nostri tempi e di essere possibilmente comprensibili e quello di ritornare alle forme antiche proprie delle singole tradizioni orientali. Il decreto conciliare sulFecumenismo dedica diversi brani all’apprezzamento della tradizione litur­gica e spirituale dei cristiani orientali (UR 15). Si dichiara persino che “il conoscere, venerare, conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio liturgico e spirituale degli orientali è di somma importanza per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani d’oriente e d’occidente” (UR 15e). Così la conservazione fedele delle tradizioni liturgiche orientali nel seno delle chiese orientali cattoliche riveste una funzione importantissima sia sotto l’aspetto dogmatico che sotto quello ecumenico. Il discorso sulla tradizione liturgica come testimonianza della fede vale naturalmente anche per la chiesa latina. È pure chiarissimo che anche l’eredità disciplinare appartiene al patrimonio proprio delle singole chiese sui iuris (cf. UR 16). Uno studio approfondito della storia delle tradizioni liturgiche7 e anche uno studio comparato della storia della disciplina ecclesiastica contribuiscono e devono contribuire fortemente alla promozione della santa causa dell’unità dei cristiani d’oriente e d’occidente. L'Unitatis Redintegratio riconosce inoltre che alcuni aspetti “del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior luce” dalla tradizione 6 Pio XII, M. P. Cleri Sanctitati (2 iun. 1957), can. 1 § 1 : AAS 49 (1957) 436. 7 Per un riassunto vedi per es. Feulner, H-J., Liturgien, ll-lll, in Kasper, W. (Hrsg.), Lexikon für Theologie und Kirche, VI. Freiburg in Breisgau 20063 (LThK3), 972-980. Heinz, A., Liturgie IV, in LThK3 VI. 980-984. Nin, M., Las liturgias orientales (Biblioteca Litùrgica 35), Barcelona 2008.

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