Folia Canonica 13-14. (2010-2011)
STUDIES - Angela Patrizia Tavani: Secolarizzazione della societa e nullita matrimoniali
166 ANGELA PATRIZIA TA VANI la fede personale dei contraenti, di per sé, non è costitutiva della sacramentalità del matrimonio, tuttavia, senza alcuna traccia di fede personale la validità del sacramento resterebbe compromessa22. Tale impostazione aveva favorito lo sviluppo di un nuovo orientamento dottrinale e giurisprudenziale secondo cui si poteva rawisare una fattispecie autonoma di simulazione parziale, denominata appunto esclusione della dignità sacramentale, ehe si è soliti individuare quando con atto positivo di volontà il nubente rifiuta la sacramentalità del matrimonio. Tale capo di nullità è stato oggetto di esame da parte dei Tribunali inferiori sia in Italia sia in Spagna, proprio sulla base della considerazione che in presen- za di un netto rifiuto della fede cattolica, soprattutto da parte di un soggetto educato secondo i principi cristiani, si possa pariare di esclusione diretta della dignità sacramentale23. La questione, delicatissima, è stata defmitivamente risolta da Giovanni Paolo II il quale, dapprima nel 2000 aveva precisato che “le opinioni contrastanti con il principio di indissolubilità o gli atteggiamenti contrari ad esso, senza il formale rifiuto della celebrazione dei matrimonio sacramentale, non superano i limiti dei semplice errore circa l’indissolubilità del matrimonio che, secondo la tradizione canonica e la normativa vigente, non vizia il consenso matrimoniale”24. Lo stesso Pontefice nell’Allocuzione alia Rota Romana dei 2001, ripren- dendo quanto già affermato nella Familiaris Consortio, mette in guardia dai gravi ed imminenti pericoli scaturenti da alcune sentenze, ehe tentano di esigere peculiari disposizioni per la validità del sacramento del matrimonio, cioè a dire “requisiti intenzionali o di fede ehe andassero al di là di quello di sposarsi se22 Commissio Theologica International«, op. cit.,: “La realtà dei «battezzati non credenti» pone oggi un nuovo problema teologico e un grave dilemma pastorale, soprattutto se emerge chiaramente l’assenza o il rifiuto della fede. L’intenzione richiesta — l’intenzione di fare ciö ehe fanno Cristo e la Chiesa — è la condizione minima necessaria perché ci sia veramente un atto umano di impegno sul piano della realtà sacramentale. Certamente non bisogna confondere il problema dell’intenzione con quello relativo alla fede personale dei contraenti, ma non è neppure possibile separarli totalmente. In ultima analisi, la vera intenzione nasce e si nutre di una fede viva. Nel caso in cui non si awerta alcuna traccia della fede in quanto tale (nel senso del termine « cre- denza », disposizione a credere) né alcun desiderio della grazia e della salvezza, si pone il problema di sapere, in realtà, se l’intenzione generale e veramente sacramentale di cui abbiamo pariato, è presente o no, e se il matrimonio è contratto validamente o no. La fede personale dei contraenti non costituisce, come è stato notato, la sacramentalità dei matrimonio, ma l’assenza della fede personale compromette la validità dei sacramento”. 23 In un caso esaminato da un Tribunale inferiore, il convenuto ben conosceva la teológia cattolica essendo stato membro attivo di una nota Comunità ecclesiale. Successivamente aveva rifiuta- to la fede in Dio e nella Chiesa, tanto da provare fastidio al momento della celebrazione déllé nozze per ogni manifestazione dell’aspetto religioso e sacramentale del vincolo. La sentenza è stata affer- mativa non solo per esclusione dell’indissolubilità ma anche della dignità sacramentale nell’uomo convenuto. 24 Giovanni Paolo II, Allocutio ad Rotam Romanam, 21 gennaio 2000, in A.A.S., 92 (2000), p. 353, n. 5.