Folia Canonica 12. (2009)

STUDIES - Georges Ruyssen: Forme istituzionali di collaborazione interrituale, ieri ed oggi

FORME ISTITUZIONALI DI COLLABORAZIONE INTERRITUALE... 105 nello stesso territorio, da gerarchi cattolici di diverso rito”38. Questo eser- cizio parallelo della loro giurisdizione spinge ad una maggiore intesa e collaborazione. 3) I membri di una conferenza episcopale sono “antistites cuiusdam nationis vel territorii” (CD n° 38, 1, c. 447/CIC) e costituiscono come “una Chie- sa Nazionale”39 nel senso ehe sono i Pastori di una determinata nazione o territorio, collegati fra di loro da forti legami culturali, storici, sociali, rituali, öltre che da un’unica legislazione canonica (eg. la Chiesa cattolica in Francia). I membri di un’assemblea interrituale, anche se presenti nel medesimo territorio, non costituiscono fra di loro “una Chiesa Nazio­nale” ma appartengono a diverse Chiese sui iuris, ciascuna con il suo pro­prio patrimonio storico, culturale, sociale, nonché liturgico, teologico, spirituale e disciplinare (c. 28/CCEO). 4) Sul piano delle competenze, le conferenze episcopali godono soltanto di competenze specifiche, elencate dal diritto universale o determinate da un mandato speciale della Sede apostolica (c. 455/§l)40, mentre le as­semblée interrituali godono di una competenza molto generica con lo scopo di favorire l’unità di azione e di promuovere il bene della religione e l’osservanza della disciplina ecclesiastica (c. 322/CCEO §1). Come già detto si tratta di “communia opera” o degli interessi comuni e vitali delle varie Chiese sui iuris nello stesso territorio, senza toccare le competenze esclusive dei vari sinodi41. Le assemblée interrituali e le conferenze episcopali tali proposte dal Conci­lio, si basano su fondamenti radicalmente diversi e quindi non conviene trasfor- mare delle strutture episcopali di cui fanno parte gerarchi di diverse Chiese sui iuris in delle conferenze episcopali nel senso di CD n° 38, 1-5 e dei cc. 447- 459/CIC42. 38 Brogi, Sinodi patriarcali (nt. 26), 258. 39 Ibidem, 258. * Il c. 455/CIC §5 ribadiscc chiaramente che : “Nei casi in cui né il diritto universale, né uno speciale mandato della Sede Apostolica abbiano concesso alia Conferenza episcopale la potcsta di cui nel §1, rimane integra la competenza di ogni singolo Vescovo diocesano...”. 41 II c. 322/CCEO §2 précisa tra l’altro ehe: “Le decisioni di questa asscmblea non hanno forza giuridica di obbligare, a meno ehe non si tratti di cose che non possono pregiudicare in alcun mo­do il rito di ciascuna Chiesa sui iuris e la potestà dei Patriarchi, dei Sinodi, dei Metropoliti e dei Consigli dei Gerarchi...”. 42 Per esempio in Turchia, dove i gerarchi orientali non costituiscono una minoranza, esiste sul modello della conferenza episcopale latina, la conferenza episcopale di Turchia ehe pertanto sta in un territorio sotto la vigilanza della Congregazione perle Chiese orientali. Annuario Pontificio 2010, 1099, 1134 e 1141. In Iran dove tutti i gerarchi cattolici sono orientali, tranne 1’arcivescovo latino di Ispahan, esiste pure la conferenza episcopale iraniana, peró sotto la vigilanza della Congregazione per le Chiese orientali. Viene tra l’altro collocata non nella lista delle conferenze episcopali ma nel- l’elenco delle assemblée dei gerarchi di Chiese sui iuris. Annuario Pontificio 2010, 1102 e 1129. La Conferenza episcopale della Romania raggruppa i 6 vescovi latini, i 5 vescovi orientali insieme all’ordinariato per gli armeni e viene seguita dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congrega­zione per le Chiese orientali. Annuario Pontificio 2010, 1096, 1140. Le conferenze episcopali della

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