Folia Canonica 10. (2007)

PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE - Luigi Sabbarese: La norma iuris circa i chierici. Le Specificita del diritto orientale

LA NORMA IURIS CIRCA I CHIERICI 247 Dio; la partecipazione a tale sacerdozio si attua in due modi, differenti per essen- za e per grado, ma anche reciprocamente ordinati. I chierici, a motivo della sacra ordinazione, attuano il sacerdozio ministeriale per mezzo del compito di pascere la Chiesa (LG 10b).4 I chierici partecipano all’unico ministère ecclesiastico, ma in diversi modi. Secondo il can. 324, di ispirazione conciliare, che ripropone la dottrina della co- stituzione dogmatica sulla Chiesa, essi sono congiunti tra loro nella comunione gerarchica e sono costituiti nei diversi gradi. Il fondamento dell’unità del mini­stère si trova nella relazione a Cristo; in Lui, infatti, il ministère sacro, di istitu- zione divina, ha la sua scaturigine e riceve dalla partecipazione alla potestà di Cristo le sue connotazioni essenziali: chi lo esercita adempie le funzioni di inse- gnare, santificare e govemare, e si colloca in continuité con la funzione degli Apostoli, garantita dalla successione e dalla comunione gerarchica con il succes­sore di Pietro. Riprendendo il can. 38 § 35 dei m.p. Cleri sanctitati, il can. 325 précisa che i sacri ordini sono 1’episcopate, il presbiterato e il diaconato. La nonna, di natura prettamente giuridica, riporta la dottrina conciliare di LG 28, secondo cui il mini­stère sacro, che perpetua l’ufficio ehe Cristo ha affidato agli Apostoli, è esercita- to in diversi ordini già anticamente chiamati episcopate, presbiterato, diaconato. La tradizione canonica orientale antica ha attribuito e ha mantenuto tutt’oggi la denominazione di ordini maggiori per i Vescovi, i presbiteri e i diaconi, distin­guendo le rispettive funzioni: quella di pontificare spetta ai Vescovi, quella sa­cerdotale ai presbiteri e quella dei servizio ai diaconi. La sacra ordinazione, ehe costituisce il chierico in uno dei gradi degli ordini maggiori, non abilita immediatamente ad esercitare la potestà; questo esercizio, infatti, nécessita della determinazione canonica, ehe ordinariamente si ottiene con la provvisione canonica ad un ufficio ecclesiastico, e va esercitata ad nor­mam iuris. La redazione del can. 326 ha conosciuto un iter ehe negli schemi di preparazione si è adeguato al linguaggio più consono alla tradizione orientate, che lo stesso Vat. II non ha mancato di sottolineare, quando ha precisato che la potestà di ordine e la potestà di giurisdizione hanno il lore fondamento nel sacra­4 Nonostante la fonte conciliare comune ai due Codici, la proposta di utilizzare anche per il CCEO il testo del can. 207 § 1 del CIC fu respinta, per evitare una «indebita latinizzazione»: “Nuntia”, XXVIII ( 1989), 59. Öltre a ciö, in seno al Coetus studiorum, si era anche osservato ehe, purrestando valida la distinzione dei chierici da tutti gli altri battezzati, «non è congeniale aile tradizioni e alla mentalità dell’Oriente ritenere ehe tutti coloro che non sono chierici “laid nuncupantur”», in “Nuntia”, XXI (1985), 6. 5 Pius XII, Cleri sanctitati (nt. 2), 448: «Ex divina institutione ecclesiastica hierachia or­dinis constat Episcopis, presbyteris et ministris; hierarchia iurisdictionis constat pontificatu supremo et episcopatu subordinate; ex Ecclesiae autem institutione alii quoque gradus acces­sere».

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