Folia Canonica 10. (2007)

PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE - Luigi Sabbarese: La norma iuris circa i chierici. Le Specificita del diritto orientale

248 LUIGI SABBARESE mento dell’ordine; da qui la conclusione che vi è un’unica potestà. Si è cosi evita­to di pariare di potestas regiminis,6 7 Per comprendere questa non facile problematica, ehe implica anche elementi metagiuridici, è necessario considerare più da vicino la costituzione conciliare LG con l’annessa nota explicativa praevia.1 Chiarito che gli ordini maggiori sono costituiti dali’Episcopate, dal presbite- rato e dal diaconato, il can. 327 regola la disciplina canonica, propria delle Chie- se orientali, circa la permanenza degli ordini minori e permette l’istituzione di ministri a servizio del popolo di Dio o per funzioni durante le azioni liturgiche. Diversamente dalla disciplina latina, modificata dal m.p. Ministeria quaedam8 che soppresse gli ordini minori, il CCEO ha mantenuto la sussistenza di questi ordini9 e ha lasciato la possibilité di istituire altri ministeri, la cui regolamenta- zione spettaal diritto particolare della propria Chiesa.su/iuris\ il rimando al dirit­6 Anche se non si accettô la motivazione proposta da un membro, dei seguente tenore: «II canone crea troppa dicotomia tra la “potestas ordinis” e la “potestas regiminis”. Poiché la frase “potestatem autem regiminis exercere non possunt nisi ad normam iuris” è stata preferita a quella “ad exercitium autem potestatis regiminis requiritur canonica provisio ad normam iu­ris” (cfr. Nuntia 20,66) il canone indichi ehe né la “potestas ordinis” né la “potestas regiminis” puó essere esercitata se non “ad normam iuris”», in “Nuntia”, XXVIII (1989), 60. 7 LG 18 affenna 1 ’esistenza di un’unica potestà sacra, di cui sono dotati i sacri ministri, ehe si differenzia per 1’oggetto delle sue funzioni: «Con la stessa consacrazione episcopale i Ve- scovi ricevono, con l’ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e di govemare». Per- tanto, si puô concludere, a mente della dottrina conciliare, ehe la potestà è di natura sacramen- tale (cf. LG 10 e 27). E LG 21 recita: «La consacrazione episcopale conferisce pure, con l’ufficio di santificare, gli uffici di insegnare e di govemare, ehe pero, per loro natura non pos- sono essere esercitati se non nella comunione gerarchica con il capo e con le membra dei Col­legio». La Nota explicativa praevia, al n. 2, chiarisce: «Nella consacrazione è data una “onto- logica” partecipazione dei sacri “uffici” [...]. Volutamente si è usato il termine “funzioni” {munerum), e non “potestà” (potestatum), perché quest’ultima voce potrebbe essere intesa come di potestà “liberamente esercitabile” (adactum expedita). Ma perché si abbia tale libera potestà, deve accedere la canonica o “giuridica determinazione” (iuridica determinatio) da parte dell’autorità gerarchica. Questa determinazione della potestà puô consistere nella con­cessione di un particolare uffïcio o nell’assegnazione di sudditi, ed è concessa secondo le “norme” approvate dalla suprema autorità. In conclusione tutte e tre le funzioni richiedono la comunione gerarchica con il Capo della Chiesa e con le membra; la potestà di govemo diventa quindi libera all’esercizio valido soltanto quando si esercita in comunione gerarchica da parte dei chierici, ehe ne sono depositari e ministri per l’ordinazione sacra ricevuta». s Paulus VI, Litt. Ap. mp. Ministeria quaedam, quibus disciplina circa primam tonsuram, ordines minores et subdiaconatum in Ecclesia latina innovatur, 15 augusti 1972, in AAS, LXIV (1972), 529-534. 9 Tale sussistenza vige in ossequio ad una antichissima tradizione, come si puo verificare dalle fonti dei Sinodi di varie Chiese orientali, ehe hanno ispirato il nostro canone, in Pontifi­cium Consilium de Legum Textibus Interpretandis, Codex Canonum Ecclesaiarum Orien­talium, auctoritate Ioannis Pauli II promulgatus fontium annotatione auctus, Libreria Editrice Va­ticana 1995, ad can. 327, 127.

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