Folia Canonica 8. (2005)

STUDIES - Lorenzo Lorusso: Il rapporto del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali con le prescrizioni dei libri liturgici. Commento al can. 3 del CCEO

PRESCRIZIONl DEI LIBRI LITURGICI E CCEO CAN. 3 179 ziale a coloro ehe recitano una delle seguenti preci: Oratio pro gratiarum actione (ex Traditione Armenorum); Oratio vespertina, Oratio pro defunctis (ex Tradi­tione Byzantina); Oratio Sanctuarii, Oratio “Lakhu Mara” seu “Ad te Domine” (ex Traditione Chaldaeorum); Oratio ad thurificationem, Oratio ad glorifican­dam Dei Matrem Mariam (ex Traditione Coptica); Oratio pro remissione pecca­torum, Oratio pro adipiscenda sequela Christi (ex Traditione Aethiopica); Ora­tio pro Ecclesia, Oratio post expletam Liturgiám (ex Traditione Maronitarum); Intercessiones pro defunctis ex Liturgia S. lacohi (ex Traditione Syro-Antiochena)41. Tutti i chierici devono celebrare le Iodi divine secondo il diritto particolare della propria Chiesajw/ iuris (can. 377). La fonna ideale di celebrazione è certa- mente quella comunitaria. Quando oggettive ragioni impediscano ciö, i chierici preghino individualmente. Le autorità competenti stabiliscano norme ragione- voli che regolino tale preghiera individuale, privilegiando, dopo attento studio nel processo di selezione dei testi, le parti che tradizionalmente sono più impor­tanti in rapporte alla strutturapropria della liturgia di ogni Chiesa, e tenendo con­to delle reali possibilité del clero (Istr. n. 99). I chierici sono tenuti inoltre a celebrare frequentemente la Divina Liturgia (can. 378); anzi è vivamente raccomandata la celebrazione quotidiana. I laici hanno il diritto di partecipare attivamente nelle celebrazioni liturgiche di qualunque Chiesa.«// iuris secondo le prescrizioni dei libri liturgici (can. 403 § 1). Per la tradizione orientale resta fenno il principio che è compito del sacerdo­te celebrante distribuire l’Eucaristia, “tuttavia si è d’accordo che va tenuta pre­sente la prassi onnai diffusasi in alcune Chiese orientali e vanno tenute nella de­bita considerazione le attuali nécessité pastorali. Pertanto si ritiene opportuno, in tutti e due i paragrafï (can. 709 CCEO), ehe sia lasciato al diritto particolare delle Chiese “sui iuris” di regolare questa materia senza dare nel canone stesso specifi- che indicazioni al riguardo”42. Dunque, il Codice orientale è più cauto nell’ammettere sia il diacono sia gli altri fedeli come ministri della distribuzione della comunione, sottolineando il carattere eccezionale della collaborazione da parte dei laici, come era anche previsto dal can. 845 CIC-17, lasciando questa normatíva al diritto particolare. Nei monasteri, la professione monastica si emette secondo le prescrizioni del tipico e dei libri liturgici (can. 462 §2). L’iniziazione alla vita monastica è consi­41 Ibidem, Concessiones n. 23 §2. Nell’edizione italiana i testi delle preci sono riportati per esteso. 42 Nuntia 15 (1982) 31; cf. V. J. Pospishil, Eastern Catholic Church Law, New York 19962, 294-295.

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