Folia Canonica 6. (2003)

STUDIES - Dimitrios Salachas: Il sacramento della penitenza nella tradizione canonica orientale e problematiche interecclesiali

IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA NELLA TRADIZIONE CANONICA ORIENTALE 139 dall’applicazione severa degli ordinamenti della Chiesa. Con questi due modi i pastori delle anime provvedono alia salvezza degli uomini, usando ora l’uno ora l’altro. Questo comportamento si usa in modo particolare verso i penitenti. Cioè verso i penitenti ci sono due modi di comportamento pastorale: quello del rigore, della giustizia e dell’esatta osservanza dei comandamenti e quello della miseri­cordia e della condiscendenza; in ogni modo, nel caso ehe la severità risultasse dannosa per la salute spirituale del peccatore, si segue la mansuetudine e la con­discendenza. Meglio dover rendere conto a Dio di troppa indulgenza che di trop­po rigore. Imporre al penitente un allontanamento lungo o perpetuo dalla comu- nione eucaristica non sarebbe un mezzo di salvezza. Non bisogna cadere nell’utopia rigorista e legalista, critica della situazione religiosa e morale del tempo. La prassi pastorale di San Basilio deve ispirare il comportamento del confes­sore. Certo San Basilio aveva fatto delle leggi severe per la sua provincia di Cap­padocia, non per tutta la Chiesa, il che sarebbe stato riservato a un concilio. Ma ciô era dovuto alla decadenza dei costumi in quella provincia. Tuttavia il suo principio rimane sempre valido, cioè la prevalenza della oikonomia, della mise­ricordia divina su ogni altra considerazione di rigore (akribeia). Tuttavia sia nell’antichità che nel corso dei secoli in oriente si constata una certa instabilité e oscillazione circa il senso e la prassi della oikonomia, e non una stringente consequenzialità nelTapplicazione dei principio della oikonomia, perché questa non poggia su ben definiti canoni o restrizioni della Chiesa ehe le permetterebbero, nella realizzazione della sua opera salvifica a favore degli uo­mini, di derogare dalla rigida e inflessibile applicazione dei canoni, specialmen- te nei casi eccezionali pratici di foro interno, e di applicare 1’indulgenza, 1’amore, la condiscendenza nei confronti della debolezza degli uomini per il maggior bene e giovamento della Chiesa stessa33. Dal IV° sec. appare la prassi, ehe nel V° sec. diventa ormai generale, dei ri- corso dei fedeli al Vescovo per confessare i loro peccati, e più tardi abitualmente al presbitero designato da Vescovo come “padre spirituale”. Ovviamente è solo in virtù del sacramento dell’Ordine che il presbitero puo ricevere dal Vescovo la facoltà di confessare. Da quel tempo la confessione diventa segreta, con l’obbligo dei confessore di osservare il sigillo sacramentale e l’esonero di testi- moniare di cose sentite in confessione. Il confessore puô imporre degli epitimia34 (penitenze) secondo i casi, ma non è sempre necessario farlo; in generale 33 Cf. I. Karmiris, I documenti dogmatici e simbolici della Chiesa cattolica ortodossa (in greco), Atene 1953, II, 973. 34 Epitimion è la penitenza assegnata al peccatore per i peccati confessati. Lo stesso termi- ne designa la parola kanon, canone, perché le penitenze sono regolate da norme stabilite dalla Chiesa.

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