Takács Imre – Buzási Enikő – Jávor Anna – Mikó Árpád szerk.: A Magyar Nemzeti Galéria Évkönyve, Művészettörténeti tanulmányok Mojzer Miklós hatvanadik születésnapjára (MNG Budapest, 1991)

SZIGETHIÁgnes: Két Maratta követő, Giacirto Calandrucci és Benedetto Luti képei Budapesten

6 Például nagyon közeli a Táj Krisztus megkeresztelésével c. képhez. Holkham Hall, Leicester collection. Salerno, L: Pit­tura di Paesaggio del Seicento a Roma. Roma 1977/78, 89. 3 kép. 7 Borsot im. 277-278. 8 Zeri, F.: La Galleria Pallavicini in Roma. Firenze 1959, 64, cat. no. 82-83. 9 Lehmann im. 63. 10 Pigler, A.: Katalog der Galerie Alter Meister. Budapest 1967, 337, ltsz. 852. 11 Sestieri, G. : II punto su Benedetto Luti. Arte Dlustrata 1973, no. 54, a megelőző irodalommal. 12 Heinzl, B.: The Luti collection. Towards the Reconstruction of a Seventeenth-century Collection of Master Drawings. The Connoisseur 1966/1, 19-21. 13 Fenyő, I.: Dessins italiens inconnus. Bulletin du Musée Hong­rois des Beaux-Arts. 13 (1958) 59-86. 14 Pigler i.m. 402, ltsz. 4246. 15 Sestieri im. 9. kép, a változatokról a 16. jegyzetben. 16 Sestieri im. 237. 17 Pigler im. 237 és Bertelli, C: „Caput Sancti Anastasii". Para­gone 1970, no. 247, 23, 28. jegyzet. 18 Hibbard, H.: Guido Reni's Painting of the Immaculate Con­ception. The Metropolitan Museum of Art Bulletin. 1969, Nr. 1.29. 19 Rudolph, S.: Pittura del '700 a Roma. Milano 1983, 406. kép; Sestieri im. 240, a vázlatok: 15-17. kép. 20 Sotheby's Old Master Paintings. New York, lune 2,1989,59. kép. 21 Painting in Italy in the Eighteenth Century. In: Rococo to Ro­manticism. Kiállítási katalógus, Chicago 1970, 200-201, címszód. Clark-tól 22 Painting in Italy in the Eighteenth Century ijn. 200. DUE SEGUACI DI MARATTA A BUDAPEST: DIPINTI DI GIACINTO CALANDRUCCI E BENEDETTO LUTI La Galleria dei dipinti antichi di Budapest présenta ai vi­sitatori le squisite opere della pittura barocca italiana da Venezia a Napoli. E per quanto, owiamente, questa pre­sentazione della pittura italiana del XVII e XVIII secolo non sia senza lacune, la continuité storica spesso sotto­lineata della collezione è quasi ininterrotta anche in questo settore, atta a rappresentare le vicende più es­senziali ed i maggiori maestri di due secoli - se non altro indirettamente, con i riflessi e gli effetti della loro arte. Con un'eccezione rilevante: Roma come scena di eventi artistici sembra scomparire fin dagli anni 1630. E'vero, altresî, che tale fenomeno vale non solo per il matériáié esposto, ma per Tintera nostra collezione. Mentre, infatti, nel deposito sono reperibili le opère del Guercino, di Reni e Strozzi insieme con i più splendidi dipinti veneziani, genovesi, napoletani o fiorentini del periodo barocco - talvolta in numero veramente abbon­dante -, le grandi correnti stilistiche romane del XVII secolo, definite da Wittkower „classicismo barocco ma­turo" e „tardo classicismo barocco" sono presenti solo in maniera lacunosa o, in qualche caso, erroneamente interpretate. Stavolta pubblichiamo opere finora sco­nosciute di due maestri attivi nell'ultimo terzo del XVII secolo: di Giacinto Calandrucci nativo di Palermo e di Benedetto Luti fiorentino; entrambi lavoravano a Ro­ma e appartenevano ai seguaci del Maratta, cercando a modo loro di realizzare 1'ideale classico; contribuiscono pertanto a rendére più completo - anche se nel genere più modesto della pittura da gabinetto - il panorama della pittura romana del fine secolo nella galleria. L'opéra di Giacinto Calandrucci è oggi più nota per le sue creazioni monumentali conservate in chiese e pa­lazzi e per i disegni di considerevole entità 1 che non per le sue tele di cui conosciamo un numero ben mino­re. Gli inizi della sua carriera non sono del tutto chia­riti; secondo una notizia di Pascoli sarebbe stato allievo di Pietro del Po, ma, per certe coincidenze cronologi­che, ciô non sarebbe stato possibile se non a Roma. 2 A Roma perö fini ben presto a essere attratto dalla cer­chia del Maratta e per lungo tempo lavorö nella bottega del grande caposcuola. Il quale ebbe un influsso decisi­vo sul suo stile; ciô nondimeno il nostro risentl anche gli effetti del fare più dinamico dei contemporanei se­guaci del Cortona e del Gaulli. Il dipinto budapestino 3 raffigura Adamo seminatore, con Eva e i due figli, nel primo piano di un paesaggio ideale trattato con colon azzurrognoli. Nella composizione del paesaggio montuoso e alberato Calandrucci segue le tradizioni di Annibale Carracci paesaggista: le fronde ab­bondanti che si protendono ai due lati del quadro e il pen­dio alberato di una collina formano una cornice simmetri­ca nel primo piano, e dietro il pittore dispone secondo le regole del paesaggio ideale gli elementi della natura, indi­cando con l'énorme roccia e con gruppi di alberi i piani successivi dello spazio e guidando lo sguardo con la strada che serpeggia in mezzo fino aile cime lontane evanescenti, messa in rilievo con effetti di luce. Il dipinto si accosta di più a quello dei dipinti noti di Calandrucci che raffigura le nozze di Bacco e Arianna e si conserva nella pinacoteca di Kassel. 4 Entrambe le opere sono contrassegnate dal ca-

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