Thallóczy Lajos: Jajca (bánság, vár és város) története. (Budapest, 1915. Magyarország melléktartományainak oklevéltára. Codex diplomaticus partium regno Hungariae adnexarum 4.)
victualie in la preditta citade; né essi potero farlo, perché il bassá, non sol con copie molte equestre et pedestre custodivano la via, anzi la haveano serata in una vallada strettissima et molto aspera con repari, fossi et munita con grandé numero de fantarie, schiopetieri, et alquanti archibusi. Per le qual cause non si poteva dar il victo ad quelli di Jayza, qualli veneno a patir grandissima penuria et fame. taliter che scampavano alcuni cittadini abandonando dentro tutte sue famiglie, moglier et fioli, non potendo piü haver de la carne cavallina, con quale se haveano substentato per molto tempó. Et havendo inteso il bassá questo da li presonati, se messe sotto la citade de Jayza con tutta sua potentia de Bosna insieme con lo sanzaco de Herzegovina, et cominciö bombardar la terra con 7 peze de artelleria, et principio de doi bande far le mine sotto terra, nihilominus havendo sempre in bona custodia quello loco stretto, dove havea serato la via con tanto stretti repari et fossi, che nessuno passasse. Noi, trovandose a Buda, presente serenissimo re Ludovico in consiglio, dove uno venuto de Jayza, exuto de nocte, per nome Zorzi Mersich narrave la fame, qual pativano quelli fidelissimi cristiani, et aldendo tra altre sue narrare, caso mai piú caduto da poi la destrutione de Jerusalem, che una madre tenendo il suo fantolino in brazo, et vedendolo morire de fame, com'é solito penare a tutti che se aproximano a la morte per íame, non poté patir in veder cosi penare suo fiolo, et lo butö in lo fiume, qual corre sotto li muri de la citade de una banda. Aldito tal caso, fussimo mossi de insuportabile compassione, se offersemo a la S. R. Maestá voler tentar in poner victualie in la citade de Jayza, che Sua Maestá ne dagi quelle copie, insieme artellerie per noi nominate, quale ne forono tutte promesse, et bene le potevano dare senza nessuno tale discomodo regio, overo de li signori. Tamen, le nostra antiqua febre de inimicitia et invidia ruinö contra de noi. taliter che non havessimo terza parte di gente promessa. Nihilominus se inviasemo, un Venere a di 9 dil presente Zugno passassemo lo vado de Sava con speranza in lo Omnipotente, perché tutti altri de lo