Tüskés Anna (szerk.): Omnis creatura significans - Tanulmányok Prokopp Mária 70. születésnapjára (2009)

Antik és középkori művészet

Essays in Honour of Mária Prokopp Munatii — padre madre e bambino — costituiva una importante nota di scultura figurativa, che in qualche modo faceva assomigliare questa facciata a quella del Duomo di Modena, col suo fregio del Genesi eseguito appositamente, in analoga collocazione, da Wiligelmo verso il ino, inaugurando per l’Italia la tipologia delle facciate scolpite. Di qui il passo era breve alla dupli­cazione simmetrica di questo tipo di ornamentazione scultorea ai due lati del portale centrale, come è avve­nuto entro il 1141 (data del pavimento, quando si crede che l’edificio fosse ormai ultimato) nella facciata del Duomo di San Donato a Murano, segando in due una stele ottagonale, la cui metà destra contiene in alto le due raffigurazioni clipeate sovrapposte dei defunti.9 A sua volta Murano anticipa la soluzione adottata verso la metà del Trecento nella nuova grande facciata di San Giusto a Trieste, ottenuta dall’accorpamento in una sola chiesa di due edifici giustapposti precedenti, dove una stele gigante, formata da tre scomparti so­vrapposti contenenti in origine ognuno tre busti, è stata tagliata verticalmente a metà — col sacrificio del busto al centro di ogni terzetto — riusandone le parti come stipiti del portale maggiore, non senza porre a destra la metà che prima era a sinistra, come si vede dall’andamento degli spioventi delle due metà del tim­pano triangolare (fig. 3). La critica ha osservato che la stele triestina dei Barbii — una famiglia di Aquileia o forse di Tergeste — è stata riusata due volte: una prima volta solo per il materiale, come è attestato dai quat­tro fori per cardini su ognuno dei due stipiti, e una se­conda esponendone alla vista le facce scolpite, per va­lorizzarla esteticamente.10 E tale secondo intervento, in cui gli stipiti sembrano essere stati ruotati di 90°, non può che essere stato motivato dal desiderio di emulare analoghi riusi di materiale di spoglio in altre facciate (il caso più ricco in area altoadriatica è San Marco a Venezia). Anche in facciate di chiese romaniche minori del­l’Italia settentrionale si trovano reimpiegate delle steli, come all’inizio del XII secolo all’angolo sinistro della facciata di Sant’Andrea a Maderno sulla sponda bre­sciana del lago di Garda, dove si trovano vari rilievi ed epigrafi antichi provenienti dall’antica Toscolano, fra cui una stele con biga murata alla rovescia, per allu­dere alla vittoria del cristianesimo sul mondo pa­gano.11 Ma il fenomeno riguarda anche edifici pro­fani, cui in tal modo si voleva conferire un’aria antica per appropriarsi della virtus guerriera e civica degli antenati romani, come ad esempio gli Archi di Porta Nuova a Milano, porta urbica ricostruita attorno al 1170 a seguito della distruzione della mura di Milano da parte del Barbarossa, in cui sono state murate ab origine varie steli romane, i cui originali sono oggi al Museo Archeologico, fra cui quella di Caius Vettius e dei suoi familiari, coll’immagine dello steso Caio Vet- tio intento a vendere panni — un’opera che può aver influito sulla scultura padana del tempo, ad esempio sui rilievi degli Artieri del Duomo di Piacenza.12 Anche nella Torre della Pallata a Brescia, che faceva parte delle mura degli anni 1239-48 e che è stata ultimata nel 1253, come si ricava dalla data iscritta in un capi­tello, furono reimpiegate varie steli frammentarie.^ Così si trovano tali rilievi funerari antichi all’esterno dei palazzi episcopali medievali e rinascimentali, ad esempio a Padova e Brescia.’4 A Gemona in Friuli, che assieme alla vicina Venzone è l’ultima cittadina italiana che si attraversava diri­gendosi nel Medioevo da Udine verso la Val Canale, che apparteneva ai vescovi di Bamberga, e quindi verso la Germania, si incontrano due steli con busti- ritratto di coniugi, provenienti probabilmente en­trambe dalle rovine antiche in località Godo e Ospe- daletto, di cui una frammentaria — ridotta alla sola parte superiore rettangolare con le teste dei defunti — era stata riusata probabilmente in età medievale nella muratura esterna della chiesa di Santo Spirito di Ospe- daletto ed è poi finita nel muro di contenimento della Piazza del Municipio, dietro alla fontana del 1395 ri- maneggiata a più riprese in età barocca e in epoca moderna, mentre l’altra, assai rovinata ma integra (fig. 1), che presenta al centro un foro il quale ne atte­sta un precedente riuso non estetico, ha avuto siste­mazione nel muraglione sotto alla Piazza del Duomo.*5 In tali loro collocazioni attuali le due steli assurgono quasi ad un significato metaforico, non so fino a che punto voluto, a sottolineare le fondazioni antiche tanto della civitas quanto dell’ecc/esia glemonense.16 Comunque, proseguendo poi in direzione del­l’odierna Austria — proprio sul confine col Norico ri­mane la stele gigante di Camporosso in Val Canale presso Tarvisio — in Carinzia si trovano vari casi di riuso di steli all’esterno di chiese medievali: nella fac­ciata della romanica Sankt Johannes a Streimberg presso Sankt Veit an der Glanp7 all’esterno della Fig. 6. Tulln (Bassa Austria), Sankt Stephan, portale Ovest con stipiti del 1200 circa 27

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