Tüskés Anna (szerk.): Omnis creatura significans - Tanulmányok Prokopp Mária 70. születésnapjára (2009)

Antik és középkori művészet

Omnis creatura significans Fig. 3. Trieste, Duomo, portale maggiore costituito da una stele romana segata in due, riusata in tal modo alla metà del Trecento scolpirvi una Crocifissione gotica in un esemplare esposto isolatamente nel lapidario della Österreichi- sche Nationalbibliothek di Vienna, dove nell’allesti- mento museografico barocco delle pareti dello sca­lone della Biblioteca di Corte — simile a quello del cor­tile di Palazzo Medici Riccardi a Firenze — sono state murate anche molte altre steli ed epigrafi antiche. In entrambi i casi, infatti, il riutilizzo non valorizzava le componenti artistiche ma soltanto quelle materiali dei pezzi antichi, secondo una prassi diffusissima pure in Italia - come ad esempio a Venezia4 — e altrove per ogni genere di scultura di spoglio (i cosiddetti spolia in ré). Il più comune riuso di steli è quello con finalità me­ramente ornamentale, conciliabile però con signifi­cati simbolici: il rimando alla veneranda antichità della chiesa o del sito su cui essa è sorta; il trionfo sul paganesimo; una generica valenza apotropaica, co­mune a teste di uomini, animali e mostri all’esterno delle chiese, il cui significato non cambia quando si tratta di opere scolpite ad hoc nel Medioevo.5 Fino al 1867, quando furono staccate e ricoverate nel Museo Archeologico Nazionale di Parma (allora Regio Museo d’Antichità) su richiesta del direttore Luigi Pigorini, nella facciata del Duomo parmense a sinistra del por­tale laterale sinistro, sopra al sepolcro quattrocentesco di Biagio Pelacani, si trovavano una frammentaria epigrafe romana e la stele della famiglia dei Munatii (figg. 4~5).6 Questa bene intesa ma per noi oggi del tutto inopportuna decontestualizzazione ci mette sul­l’avviso che molti reimpieghi di tal genere sono stati sacrificati in età positivistica in nome del principio che il materiale archeologico è di pertinenza delle rac­colte pubbliche a ciò deputate, così come è avvenuto anche per la stele dei Salvii, già murata nel campanile del Duomo modenese ed oggi esposta al Museo Na­zionale Estense di Modena,7 e per i due cippi che si tro­vavano riusati come stipiti del portale nel campanile di San Giusto a Trieste, finiti nel tardo Ottocento nel­l’Orto Lapidario antico di quella città.8 Quando ancora si trovava nel prospetto del Duomo di Parma, databile a poco dopo il 1117, la grande stele della famiglia dei Fig. 4. Parma, Duomo, facciata, dettaglio della muratura accanto al portale di destra, (poco dopo il 1117): eviden­ziazione dei punti in cui fino al 1867 erano murate una frammentaria epigrafe ed una stele antiche (da BLASI COISSON 2006, fig. 19) ■>MV NAllVS P’F’SIEpT 1,YCIUA&S£XF • POLIVI AF CMVNATIO­Cf NOVfcUO-P­V - F fNfì-XXftìN-A P-XH ’ 'V : % Fig. 5. Parma, Museo Archeologico Nazionale, stele dei Munatii proveniente dal Duomo 26

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