Tüskés Anna (szerk.): Omnis creatura significans - Tanulmányok Prokopp Mária 70. születésnapjára (2009)

Antik és középkori művészet

Guido Tigler Il reimpiego e limitazione delle steli romane in chiese medievali nell’Italia settentrionale ed in Austria: appunti per _______________________________ un catalogo Individuando nella corrente plebea e provinciale della scultura romana antica la principale fonte d’ispira­zione per la scultura romanica, la critica ha già da tempo implicitamente riconosciuto il ruolo esercitato dalle steli — combinazione di ara e cippo sepolcrale spesso ornata dai ritratti dei defunti e qualche volta anche con realistiche raffigurazioni della loro attività artigianale —, che assieme ai sarcofagi costituiscono gran parte di tale produzione.1 Particolarmente ricche di steli del I e II secolo d.C. di produzione locale, tal­volta di dimensioni giganti, sono la Venetia et Histria ed il Noricum, dove le modalità del riuso e in qualche caso della rilavorazione o comunque della riqualifica­zione semantica delle opere in contesti romanici e successivi sono state le stesse. Nelle regioni alpine orientali, dove in età romanica non si assiste ad una produttività comparabile con quella della valle pa­dana, essendo quasi assente la rinascita delle città ed il conseguente fenomeno dei liberi Comuni italiani, il ricorso al materiale di spoglio spesso si sostituisce alla realizzazione di nuove sculture. Ma proprio perciò qui il riuso delle steli nelle nude murature delle chiese assunse un’importanza speciale, a quanto vedo sotto- valutata dagli studi, i quali hanno individuato nume­rosi casi singoli ma non si sono soffermati sui caratteri comuni del fenomeno sui due versanti delle Alpi. Mi sono accorto di tale lacuna affrontando l’anno scorso lo studio del reimpiego, della parziale rilavorazione e dell’imitazione di steli di tipo aquileiese in Friuli, spe­cie a Gemona (figg. 1-2), e a Trieste (fig. 3), casi in cui gli archeologi avevano analizzato correttamente le si­tuazioni specifiche mentre gli storici dell’arte medie­vale non avevano tentato la benché minima conte­stualizzazione generale del fenomeno. In quell’occa­sione ho raccolto un primo gruppo di esempi analoghi, tanto in ambito ‘campionese’ quanto in altre chiese medievali del Veneto e del Friuli;2 ma ovviamente l’elenco era incompleto, come lo saranno le aggiunte che presento in questa sede, che vogliono solo servire da incitamento ad altri studiosi, fisicamente più vicini alle opere, a proseguire la ricerca, puntando sulle pro­blematiche comuni d’interesse storico-artistico me­dievale piuttosto che sull’analisi dei pezzi di spoglio in quanto tali, che compete agli storici dell’arte antica. Offro questo contributo alla professoressa Prokopp, sapendo del Suo interesse per i rapporti fra l’arte ita­liana e quella del centro-Est europeo nel Medioevo, e anche perché sospetto che qualcosa di analogo a quanto da me rinvenuto in un recente viaggio in Au­stria lo si possa trovare anche nell’antica Pannonia. Con tutto ciò va premesso a scanso di equivoci che non si intende sottovalutare il riuso di steli antiche in altre regioni, come ad esempio nel campanile del Duomo di Benevento,3 o sostenere che le modalità del loro utilizzo simbolico e decorativo riscontrabili in Italia settentrionale ed Austria fossero esclusive di tali aree. Non interessa soffermarsi qui sul riuso delle steli come mero materiale edilizio, come è avvenuto per alcune steli oggi conservate nel Museo Abbáziáié di Klosterneuburg, le quali erano state segate in due e impiegate capovolte — con parziale scalpellinatura delle superfici — per il rivestimento interno delle pa­reti della cisterna di quell’abbazia; e neanche sull’uti- lizzo del retro liscio di una stele come supporto per Fig. 1. Gemona (Udine), stele romana con coniugi reim­piegata nel muro sotto al Duomo Fig. 2. Gemona, pseudostele del tardo XIII secolo con coppia, nel muro sotto al Duomo 25

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