Prokopp Mária: Un nuovo crocifisso dipinto del trecento nel Museo Cristiano di Esztergom (1974)
166 MÁRIA PROKOPP Fig. 9. Simone Martini: Croce dipinta, — S. Casciano in Val di Pesa cento — così ad es. nel crocifisso n. 436 dell’Acca- demia di Firenze, appartenente alla cerchia del maestro di Cecilia —, si tratta sempre di disegni geometrici dagli schemi rigidi, contrariamente all’esemplare di Esztergom che segue il motivo senese più sciolto, a foglie variamente formate. La presentazione dettagliata del torace e delle gambe conserva ancora molti elementi duecenteschi: così ad esempio la messa in rilievo delle ginocchia segue le composizioni di Coppo di Mar- covaldo, di Cimabue e di Guido da Siena, mentre d’altra parte la morbidezza della raffigurazione pittorica richiama già Duccio. Una delle più belle manifestazioni della personalità e dell’arte insigne del nostro maestro è data dalla modellatura del perizoma (fig. 5). Le ampie pieghe del sottilissimo velo ricadendo mollemente cingono il corpo in un ritmo lento di volute armoniose. E. Sandberg—Yavalà, nella sua monografia che costituisce la prima e tuttora fondamentale trattazione delle croci dipinte italiane, distingue 18 maniere di raffigurare il perizoma.10 Questi esempi rivelano chiaramente che nei secoli XII—XIII è di uso generale legare il perizoma di tela più ruvida con annodature di forma diversa. Il crocifisso di Giotto in S. Maria Novella a Firenze costituisce anche sotto questo aspetto la transizione verso il tipo trecentesco che fissa il perizoma ripiegandone leggermente gli orli. Ma la ripiegatura che si osserva nella tavola in questione ricorda ancora le annodature del duecento. Nell’affresco della cappella dell’Arena di Padova il perizoma di Cristo crocifisso è stretta- mente avviluppato attorno al corpo. Alquanto più ricca è la piegatura dei veli nelle croci giottesche di Rimini e di Padova. Nella lunga serie delle altre composizioni giottesche sono poi tipici i perizomi strettamente girati attorno ai fianchi e accuratamente ripiegati. Nel crocifisso di Esztergom si trova invece un velo disposto molle- mente e che cinge il corpo in linea diagonale. Il lembo iniziale del velo, nella parte destra del dipinto, sventola liberamente, mentre il secondo giro che lo sostiene termina dietro il corpo. Soluzione, questa, che rappresenta un ulteriore sviluppo decorativo della sommaria annodatura già riscontrata nel crocifisso della Maestà di Duccio. Un passo ulteriore nella serie è costituito dal piccolo affresco di Pietro Lorenzctti, del 1320 circa, nella Basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi, sotto la grande Crocifissione affrescata del maestro, sulla predella dell’affresco «La Madonna con S. Francesco e S. Giovanni»: ivi l’annodatura del velo sottile corrisponde a quella dell’immagine di Esztergom; solo il drappeggio più ricco del tessuto più largo fa un effetto maggiormente decorativo e insieme drammatico (fig. 6). Colpisce inoltre quante affinità si possano riscontrare nei dettagli del torace e del ventre come pure nel disegno del busto volto in basso e nell’applicazione pittorica del chiaroscuro verdastro tra Intavola di Esztergom e il sopraddetto dipinto di Assisi. Ma il volto dell’opera del Lorenzetti, alquanto chinato in avanti, si accosta piuttosto alle composizioni di Giotto. La disposizione della mano, nella tavola di Esztergom (fig. 7) un po’ voltata in giù, rassomiglia a varie composizioni di Giotto (a Firenze in S. Maria Novella, a Rimini), ma quanto alla forma, le dita mollemente abbandonate si differenziano dalla composizione più dura del maestro fiorentino per accostarsi piuttosto alle mani disegnate da Duccio e da Pietro Lorenzetti nell’affresco citato. Va notato a questo punto che nell’immagine di Esztergom la figura sospesa di Cristo non si abbassa come quella della Maestà di Duccio Acta Hist. Art. Hung. Tomus, 20 1974