Folia Theologica 9. (1998)

Mirjam Kovač: Ministero sacro e consigli evangelici

MINISTERO SACRO E CONSIGLI EV ANGELICI 79- questi due carismi generali si traducono in vita concreta attraverso la consacrazione. Anche in questa i consigli evangelici hanno un diffe­rente ruolo: nella consacrazione «per 1’assunzione dei consigli evan­gelici» essi sono elementi essenziali: nella consacrazione ministeriale, invece, no. Tuttavia esprimono la dimensione della consacrazione per­sonale, cioè la risposta alla chiamata di Dio con l’adesione di tutta la vita al progetto divino di unire tutta la creazione nel Suo amore;- con la consacrazione sia per 1’assunzione dei consigli evangelici ehe ministeriale si entra in un nuovo stato di vita: stato di vita consacrata e stato clericale. In tutti e due gli stati si vive la pratica dei consigli, la quale, perö, non puö essere uguale, in quanto diversi sono i carismi e la missione contenuta in questi distinti carismi. Ce lo dimostra anche la stessa consacrazione, ehe, nel caso dei consacrati, mette i consigli al primo posto, come elementi essenziali; mentre nel caso dei ministri sacri la pratica dei consigli è a servizio della paternité spirituale della comu- nità dei fedeli a loro affidati. Da questi fatti sembra scaturire evidente la risposta alla nostra do­manda: la pratica pubblica dei consigli evangelici non è riservata solo alie persone consacrate, ma fa parte anche della vita dei ministri sacri, si vive anche nello stato clericale. Un candidato, con le promesse di castità e di obbedienza nel rito dell’ordinazione diaconale, quindi, non entra nello stato di vita consacrata, ma promette di impegnarsi ad aderire alia forma di vita di Cristo nello stesso stato clericale in cui entra con la con­sacrazione ministeriale. Neü’ordinazione diaconale non c’è la promessa di povertà, uno dei tre consigli evangelici maggiori. Anche questo potrebbe essere uno dei segni ehe la pratica di questi consigli, almeno non di tutti, non fa parte dei ministero sacro. Ma è vero che non si puö pariare della pratica della povertà da parte di chierici? Il Codice orientale parla dello «spirito della povertà». Anche il Codice latino dà delle norme per l’uso dei béni tem­porali, in conformità con l’antica tradizione della Chiesa. Ma non si parla di nessun vincolo con cui si intraprenderebbe Fobbligo della pratica di questo consiglio. Significa questo che i chierici vivono solo lo spirito di povertà? Secondo me l’omissione è dovuta alia paura di identi- ficare i chierici con i religiosi, alia concezione ehe 1’unica forma della pratica dei consiglio della povertà è la dipendenza nella disposizione dei béni da un superiore, che potrebbe anche limitare l’attività pastorale del chierico. Se, invece, si prende in considerazione ehe un ministro sacro partecipa con tutta la sua vita alla preoccupazione di Cristo-Capo per la

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