Folia Theologica 5. (1994)

Imre Kocsis: La fine della morte nel rinnovamento escatologico II.

184 I. KOCSIS 4. Il commento paolino a) La morte, il peccato e la legge (v. 56) Le due domande „Dove è, o Morte, la tua vittoria? Dove è, o Morte, il tuo pungiglione?” contengono senza dubbio un’affermazione fermissima. Dopo la risurrezione finale la morte è definitivamente sconfitta e non puo noucere più. Tuttavia S. Paolo, in un modo un po’ inaspettato, nel v. 56 ci dà una ris- posta alla seconda domanda che insieme alla prima sembrava essere piuttos- to retorica. L’apostolo torna pero in questo versetto dal trionfo finale alla si- tuazione attuale in cui la Morte è ancora efficace. Riguardo al presente le domande sono validissime e richiedono una risposta. In questo passo S. Paolo mette la morte, in maniera esplicita, in relazione al peccato. Bisogna perd stabilire, di quale tipo sia questo rapporto. L’apostolo afferma ehe „il pungiglione della morte è il peccato”. Il sos- tantivo KEVxpov designa spesso nella letteratura greca e nei testi greci della Bibbia sia l’organo di difesa velenoso di un animale (ape, scorpio­ne; cfr. 4Mac. 14,19; Ap. 9,10) sia il bastone, ehe è dotato aU’estremità di una punta di metallo, con il quale si incitano le bestie da soma (cfr. Prov. 26,3; Sir. 38,25; At. 26,14). Il termine puo essere usato anche in senso figurato per un despota o per una situazione umana dolorosa75. KEVTpOV si riferisce quindi sempre a qualcosa di pericoloso e di temibile, con cui si puè battere, insultare e usare violenza. E’ il KEVxpov ehe rende capace il mandriano di eccitare le bestie, e l’animale velenoso di ferire e causare dolore. Dichiarando che il peccato è „il pungiglione della Morte” 1’apostolo non afferma — almeno cosî sembra — ehe il peccato sia la ca­usa o l’origine ultima della morte e della mortalità umana. Il peccato è invece un mezzo in servizio alla morte, il quale la rende pericolosa. At- traverso il peccato la morte diventa una potenza ostile ehe minaccia e fal- cia le sue vittime. „C’est le péché, auquel l’homme est asservi e qui l’a coupé de Dieu, qui fait de la mort la puissane qui tient l’homme en son pouvoir”76. 75 Per gli esempi cfr. L. SCHMID, Kevrpov, TWINT III, 662-668. R. MORISET- TE, „Un midrash", 173-174. 76 C. SENFT, La première épître, 210. Alio stesso senso intende L. SCHMID, op. cit., 667: „Das, was dem Tod seine Gewalt gibt, ist die Sünde. Ist die Sünde besiegt, dann hat der Tod seine Macht verloren".

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