Folia Theologica et Canonica 10. 32/24 (2021)

Presentazione del volume

274 PIERPAOLO DAL CORSO istituzionale il piano ontologico dei fatti - soprattutto dell’ordine della grazia - e quello sociale-visibile. Si tratta ovviamente di una peculiaritä ehe distin­gue il diritto della Chiesa da quello degli ordinamenti civili a cui pero, secon­­do il cardinale, manda un messaggio: «non possiamo mai rinunciare alio sfor­­zo di operare affinché il diritto creato ed applicato nella societä corrisponda ai requisiti della giustizia ehe si basano sulla realtá oggettiva dei fatti» (p.679) Questo monito richiama la una giusta applicazione dei diritto ad opera dei giudice, il quale é tenuto a pronunciarsi suile situazioni giuridiche una volta raggiunta la certezza morale. Nel secondo intervento della Parte IV del volu­me, il cardinale spiega ehe il vigente diritto processuale canonico non ha mo­dificato il senso di questo requisito ma ha moltiplicato i mezzi ehe aiutano ad evitare un conflitto tra la conoscenza personale della vicenda da parte dei giudice e le risultanze processuali. Egli non puö, ad esempio, condannare un imputato in base alia sua conoscenza dei fatti delittuosi, se non sussistono prove processuali; e cosi, in ambito matrimoniale, non puö dichiarare invalido un matrimonio solo per la propria convinzione personale della nullitä. Chi giudica deve utilizzare ogni strumento giuridico a disposizione affinché i fatti di cui dispone possano diventare prova processuale. Pensiamo, restando in materia matrimoniale, alia piena forza probatoria ehe ora hanno le deposizioni degli sposi o anche quella di una sola parte se confermata dalia credibilitá o per adminicula trovati nella causa. O ancora al fatto ehe il giudice possa arrivare alia certezza morale anche sulla base di soli indizi, ehe diano pero un quadro completo e coerente della veritá, o sulla scorta della testimonianza di un solo teste (cf. can. 1573 CIC). Egli ha pure il potere di introdurre d’ufficio delle prove, per supplire alia negligenza delle parti, ogni qual volta lo ritenga necessario per evitare una sentenza ingiusta (cf. cann. 1452 §2, 1600 §1 n. 3 e 1642 §2 nn.1-3 CIC). Il penultimo contributo inserito nel volume concerne il processo penale am­­ministrativo. Si tratta di un articolo breve, ma molto chiaro, in cui il cardinale dimostra, öltre alia sua competenza pure in questo settore, la sua ottica di pa­store ehe sa considerare il diritto penale come strumento pastorale e di salvez­­za, sia quando si propende per 1'utilizzo di rimedi altemativi, preventivi o so­­stitutivi alia pena - ricorrendo anche alie mi sure amministrative di carattere disciplinare -, sia quando si infligge la sanzione penale. Vengono riportati dei casi concreti, avvenuti nel suo Paese, in cui l’Ordinario é ricorso ad uno stru­mento innovativo, conosciuto nel diritto statunitense come plea bargaining, consistente in una sorta di contrattazione tra EOrdinario e il delinquente quan­do il reato é sanzionato anche dallo Stato ma l’esecuzione della conseguente pena, in tale ambito, sarebbe molto lenta, se non impossibile, per cui giungere ad un accordo in sede canonica, ehe realizzi egualmente le finalitá della pena, costituisce un’equa soluzione ehe salvaguarda tanto il bene ecclesiale quanto l’emenda dei reo. Venendo, nello specifico, al procedimento penale ammini-

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