Folia Theologica et Canonica 6. 28/20 (2017)
IUS CANONICUM - Damián G. Astigueta, Circostanze aggravanti della pena: Alcune precisazioni
182 DAMIÁN G. ASTIGUETA Già nel diritto romano si teneva in conto la reiterazione dei delitti conosciuta come la consuetudo delinquendi, per F aggravamento della pena. In quest’ambito veniva considerata solo la recidività speciale, cioè, dello stesso tipo di delitto. Nel diritto germanico la reincidenza specifica era considerata solo per alcuni delitti come il furto, il delitto di falso, spergiuro, ecc.30. Nel diritto canonico è ricevuta questa figura che è applicata a tutti i delitti della stessa specie e anche a quelli di diverse specie. Quest’ultima, che coincide con la recidività generale, indica un minore rispetto verso la disciplina ecclesiastica rivelando un maggiore malizia31, ma non viene conosciuta come recidività, ma come relapsus per i casi di eresia o di pertinacia per altri delitti32. Nell’attualità tutti gli ordinamenti hanno incorporato questo istituto, ma non senza ostacoli tra gli studiosi. La scuola positivista nega la recidività in quanto significa un'ingiustizia verso il reo, il quale si vede aumentare la pena con motivo di un reato che ha avuto la sua pena, come se l'aumento della pena per il secondo delitto si aggiungesse al primo già punito33. Il CIC (1917) aveva previsto la recidività nel c. 2208 § 1, fi quale recitava: "Reincidente, nel senso giuridico, chi, dopo essere stato condannato commette nuovamente un delitto dello stesso genere e questo in circostanze tali dei fatti e principalmente di tempo che prudentemente può essere colta la sua pertinacia nella cattiva volontà”34. Nel CIC (1983), invece, il testo appare con certe differenze nel c. 1326 § 1, "Il giudice può punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono: 1) chi dopo la condanna o la dichiarazione della pena persiste ancora ancora nel delinquere, a tal punto da lasciar prudentemente presumere dalle circostanze la sua pertinacia nella cattiva volont”. Della comparazione tra i due testi ci occuperemo più avanti. 30 Cfr. Michiels, G., De delicitis etpoenis, I. (cfr. nt. 3), 265. 31 Cfr. Wernz, F. X. — Vidal, P., lus Canonicum, VII. (cfr. nt. 25), 120. 32 Cfr. Amor Ruibal, A., Derecho penai de la Iglesia católica, I. (cfr. nt. 22), 377. Afferma dopo: “En las Decretales no solo se reconoce el hecho de la reincidencia corno digno de pena, sino que se establece reiteradamente la gradación que se debe seguir en las penas para cualquiera que recae en el mismo delito, y en especial para el clérigo que persistiese en la delincuencia (deposi- ción, y si no hubiese enmienda, exeomunión; y luego «contumacia crescente», anatema, y por fin «si in profundum malorum veniens contempserit», se entrega al brazo secular”. Amor Ruibal, A., Derecho penai de la Iglesia católica, I. (cfr. nt. 22), 377-378. 33 Cfr. Michiels, G., De delicitis et poenis, I. (cfr. nt 3), 267. 34 CIC (1917) Can. 2208 - § 1. Recidivus sensu iuris est qui post condemnationem rursus commit- tit delictum eiusdem generis et in talibus rerum ac praesertim temporis adiunctis ut eiusdem pertinacia in mala voluntate prudenter contici possit.