Folia Theologica et Canonica 5. 27/19 (2016)

RECENSIONS

RECENSIONS 265 tempo riflettono e contribuiscono a far emergere la dimensione di giustizia che gli è propria. Per tutti rappresenta un’occasione di valersi dei frutti di anni di ri­cerca ed insegnamento di uno studioso che amando la Chiesa ed il diritto è rius­cito allo stesso tempo a trasmettere la verità dell’adagio latino nelle sue oppos­te ma complementari formulazioni: nulla est iustitia sine chantas, ma anche nulla est charitas sine iustitia. Bruno Esposito, O.P. Pietrosanti, R., Imre Nagy, un ungherese comunista. Vita e martirio di un leader dell’ottobre 1956, Le Monnier, Firenze 2014, pp. 496 Sessant'anni fa, il martedì 23 ottobre 1956, una gigantesca manifestazione po­polare, tra operai, studenti, contadini, intellettuali e perfino militari, snodatasi dal pomeriggio alla sera inoltrata per le vie di Budapest, dava il via alla Rivolu­zione ungherese, la terza nella storia contemporanea dell’ Ungheria. La Storia ha legato la prima ai nomi di Lajos Kossuth e Lajos Batthyány, la seconda a quelli di Mihály Károlyi e Béla Kun. Quella svoltasi tra il 23 ottobre ed il 4 no­vembre 1956 resta legata al nome di Imre Nagy, il premier comunista di quei tredici drammatici giorni, chiamato al governo a furor di popolo dai rivoluzio­nari insorti e spodestato con la forza soverchiante dell’ Armata rossa sovietica, di cui presentiamo qui la prima biografia italiana, scritta da un sacerdote docen­te di filosofia, appassionato di storia. L’opera, aperta dalla prefazione di F. Argentieri, il più autorevole storico ita­liano sull’argomento, segue, diremmo quasi minuziosamente, il percorso bio­grafico di Nagy, nato nell’Ungheria sud occidentale, a Kaposvár, il 6 giugno 1896, nell’ anno millenario dell’insediamento dei Magiari nel loro territorio, legato alla dinastia degli Arpadi, e formatosi in un ambiente contadino, ‘con­vertitosi’ al comunismo da prigioniero di guerra in Russia all’epoca della Rivo­luzione d’Ottobre sovietica. A quest’ideale comunista, promessa di riscatto e giustizia sociale per i poveri, egli resterà fedele per tutta la vita, parallelamente alla tenace e costante fedeltà alla propria terra ungherese. Sotto il regime auto­ritario dell’ ammiraglio Horthy, Nagy fu brevemente arrestato due volte e poi emigrò a Mosca, dove rimase dal febbraio 1930 ai primi di dicembre 1944. In quegli anni divenne un esperto teorico del mondo agrario. Col nome di ‘compagno Volodia’ fu arruolato come informatore dall’NKVD, la polizia po­litica stalinista, ma senza macchiarsi, almeno direttamente, del sangue dei com­pagni segnalati (cf pp. 29-31). Quando l'Armata rossa vittoriosa sui nazisti, prese il controllo della maggior parte dell'Ungheria, Nagy rientrò in patria con la dirigenza del Partito comunista, guidato dal primo segretario Mátyás Rákosi, il viceré staliniano della nuova Ungheria, divenne ministro dell’ agricoltura nel

Next

/
Thumbnails
Contents