Folia Theologica et Canonica 5. 27/19 (2016)

SACRA THEOLOGIA - Péter Erdő, Come puó credere un intellettuale dei nostri giorni alla divinitá di Gesú Cristo?

14 PETER CARD. ERDŐ cità matrimoniali dei giornali si cercavano con preferenza dei partner “con dip­loma universitario”. Oggi, in una società borghese non è tanto il diploma che conta, ma piuttosto le condizioni patrimoniali ecc., oltre - naturalmente — alle doti personali. In un senso più profondo tuttavia, l'intellettuale è una persona che riflette sulle grandi questioni della vita, e che conosce diversi settori della cultura, anche oltre i limiti della propria professione. Malgrado l’aumento del numero della gente con formazione universitaria, i veri intellettuali sembrano essere in Europa non più, ma forse meno numerosi, di quanto erano un mezzo secolo fa. Questo dipende naturalmente anche dal calo del livello dei licei, dall'atmosfera instabile sia della formazione sia del mondo del lavoro sia dei valori trasmessi nell’educazione. E che cosa significa essere europeo per un intellettuale? Se siamo soliti dire che l’Europa non è un concetto puramente geografico o politico, ma piuttosto culturale, allora dobbiamo cercare anche la specificità dell’identità culturale europea. Ed è in questo punto che emerge sicuramente l’eredità giudeo-cristia­na, ma anche quella greco-romana con influssi significativi egiziani, persiani, babilonesi. Certo che non mancano neppure le tradizioni dei popoli celtici, ger­manici, slavi, ugro-finnici, tracce di influssi turchi, arabi, ecc. L’elemento più connesso con la visione del mondo è comunque il cristianesimo. È vero che in molte parti del continente, in vari ceti della società la presenza intellettuale cris­tiana si è indebolita fortemente. Eppure non c’è altro fondamento comune che fosse tipico per il continente. L’ideologia illuminista, da una parte non ha ovun­que penetrato tutta la società, dall’altra parte essa stessa era pure connessa in qualche modo con l'eredità cristiana. Questo lo vediamo oggi quando alcune legislazioni cominciano a cercare di staccarsi dal senso classico dei diritti uma­ni, e dalla visione di un certo diritto naturale, dando più spazio a degli elementi soggettivistici. Ma il soggettivismo non è europeo. Esso può presentarsi anche in altri contesti, e non ha, proprio per sua natura, un contenuto tipico, ma è di­verso secondo i singoli individui. Così non può essere base comune positiva di una cultura specifica. Allora, l’intellettuale europeo di oggi è una persona interessata per le grandi questioni della vita e del mondo, una persona che cerca senso e valori per i sin­goli e per la società, uno che conosce contenuti notevoli dell’eredità cristiana e greco-romana, e che tiene presente tutto ciò almeno come elementi possibili della risposta alle sue questioni fondamentali. 6 6) L’intellettuale europeo di oggi può quindi, porre la domanda sull’esistenza e sulla nozione di Dio, può trovare una risposta positiva nel riconoscimento della sua esistenza. E una volta riconosciuto Dio come trascendente e assoluto, può e deve riflettere anche sulla possibilità della comunicazione con Dio. E in questo punto, risulta che l’intellettuale europeo non può rifiutare sin dall’inizio l’idea poco immaginabile per la nostra fantasia umana che è proprio la persona

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