Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?

LA FEDE COME REQUISITO... 185 sopra detto, ovviamente, varrebbe anche se la fonnula ad validitatem imposta agli sposi fosse previa, e non strettamente liturgica. La soluzione ai problemi oggi allo studio, oltre a disconoscere i precedenti storici, non può passare attraverso decisioni superficiali ed affrettate di soluzio­ni meramente liturgico-giuridiche che paiono solo clericalizzare il matrimonio (Veritas et non auctoritas facit legem), rendere sempre più scollata dalla realtà post-cristiana l’azione pastorale della Chiesa, e ingenerare confusioni segnata- mente sul piano dottrinale e teologico. L’unica via percorribile appare il vero accompagnamento degli sposi, secon­do quanto già espresso dal magistero della Chiesa (la preparazione remota all’amore; il tempo della preparazione prossima e della stessa celebrazione del matrimonio, ma anche, ed oggi soprattutto, dell’accompagnamento dopo la ce­lebrazione, in una sorta di “formazione permanente”), ma che dovrebbe con chiarezza essere determinato per i diversi momenti. In questo vero e proprio servizio di carità occupano, a nostro sommesso avviso, un posto fondamentale le coppie di sposi, le comunità parrocchiali, i diversi gruppi ecclesiali, che han­no il compito di testimoniare con e nella vita il valore arricchente del Vangelo. Quella fortuna di essere cristiani che oggi il mondo non recepisce anche perché, molto spesso, non vede tradotto in fatti il messaggio evangelico, avendo, purtrop­po di fronte esempi di comunità ecclesiali anonime, a volte divise e litigiose, chiuse in se stesse, di parrocchie affogate nella burocrazia (spesso preoccupate di far quadrare i conti) o nella mera distribuzione dei sacramenti, spesso latitan­ti di fronte ai problemi delle persone e delle famiglie. Ex post, varrebbe il rime­dio, già percorribile, della dichiarazione della nullità del matrimonio, verificata seriamente per via giudiziale, caso per caso, escludendo ogni apparenza o sos­petto di non perseguimento della verità, nella fedeltà al ministero che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, cioè di essere amministratrice di ciò che ha ricevuto in consegna. Quest’ultimo aspetto esige Vimpegno responsabile dei Vescovi e dei Superiori religiosi a preparare il personale, pronto a svolgere un vero e proprio servizio alle anime nei tribunali ecclesiastici. Per questo non ci convince l’ipo­tesi di sopprimere la doppia sentenza conforme, che alla fine è una vera e pro­pria garanzia in ordine all’accertamento della validità o meno di un matrimo­nio, garanzia soprattutto quando, come in questi tempi, si ha una carenza nel numero e nella preparazione delle persone che operano nei tribunali57. Quindi, la preoccupazione primaria dovrebbe essere quella di formare comunità che vi­vono e testimoniano il Vangelo, in particolare riguardo il matrimonio e la fa­miglia, e preparare adeguatamente sacerdoti, religiosi e laici per l’amministra­57 Sicuramente la questione è complessa e richiede un approfondito studio che tenga presenti i vari aspetti e le possibili conseguenze. Per una diversa soluzione si veda: Llobell, J., Prospettive e possibili sviluppi delia "Dignitas connubii". Sull'abrogazione dell’obbligo della doppia sen­tenza conforme, in Periodica 104 (2015) 237-284.

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