Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Péter Erdő, Il parroco deve conoscere la lingua Dei fedeli - Osservazioni giuridico-canoniche a propositio delle Regole della Cancelleria (ss. XIV-XVI)
IL PAROCCO DEVE CONOSCERE LA LINGUA DEI FEDELI 149 la verità65 *. Come motivo di questa regola l’autore menziona il fatto che il parroco è tenuto ad ascoltare le confessioni, ad insegnare e a predicare. A queste attività però egli non è capace se non conose la lingua. Bisogna quindi nominare un’altra persona al suo posto in base alla Costituzione 9 del Concilio Latera- nense IV (X 1.31.14)“. Questa necessità pastorale locale però il Rebuffi trasforma in un principio nazionale dicendo che per tale principio in Francia non si nominano degli stranieri in tali benefici. Ciò non fa nemmeno il papa e non dà neppure un mandato per la nomina di un tale candidato. Ma anche se ci fosse un rispettivo mandato pontificio, non si potrebbe nominare a parroco un tale candidato. Così non si accetta neppure la dispensa pontificia a questa regola, perché questa regola ha un contenuto di diritto divino, ma anche perché il re di Francia ha il privilegio secondo il quale “(...) nessuno straniero può ricevere un beneficio nel paese senza un documento di naturalizzazione”67. Nell’argomentazione però si confondono due livelli: la necessità del lavoro pastorale parrocchiale e l’appartenenza al regno, cioè il rapporto di sudditanza. Mentre nel primo caso sembra l’argomento più convincente il riferimento al diritto divino, nella seconda questione è necessario richiamarsi al concordato o al privilegio pontificio concesso al re di Francia. Per questo - continua l’autore - né l’Ordinario locale, né il Legato pontificio può dare un beneficio ad uno straniero, se lo fa malgrado tutto ciò, lo stesso beneficio può essere concesso ad un’altra persona che abita nel regno68. Se Gómez ha esteso l’applicazione della Regola della Cancelleria anche alle nomine di parroci date dai vescovi locali con riferimento alla necessità pastorale, Rebuffi lo fa in base al privilegio del re, ma facendo questo si allontana dal criterio della conoscenza della lingua e ribadisce piuttosto l’appartenenza al regno. Ma egli applica questo criterio anche ad un cerchio an65 Rebuffus, Praxis beneficiorum, Reg. 20, glossa I: 382 (“papa intendit unicuique in sua patria providere, ut dicit tex/tus/ in c. bonae. circa fi. de elect. [X 1.6.36] quod nec vellemus ei prae- ficere alienum. facit c. nullus. 61. dist. [D. 61 c. 13] 1. in ecclesiis. C. de episco. et cleric. [Cod. 1.3.11 ] c. fi. de der. peregrinan. [X 1.22.4] c. sanctorum. 70. distin. [D. 70 c. 2] Et sic expressio nationis requiritur in literis gratiae, alias sunt subreptitiae per supradicta”). Il sottacere di un dato necessario per la validità rende invalido il rescritto anche nel diritto canonico vigente, cf. CIC (1983) Can. 64 § 1. M Rebuffus, Praxis beneficiorum, Reg. 20. glossa I: 382. 67 Ibidem (“Ideo non sólet in hoc Regno exteris provideri, nec quidem per Papam, aut alium cui mandaretur de providendo, imo si extero mandaretur provideri, non poterit ei conferri in vim mandati ecclesia parrochialis, per hunc text/um/. Et sic non recipitur Papae dispensatio in Francia contra istam regulám, quae est iuris divini, adhaec ratione privilegii dati Regi Franciáé, ut nullus alienigena sine literis naturalitatis possit in Regno beneficia obtinere [...] ideo requiritur et a papa et a Rege concessionem habere”). Aveva un privilegio pontificio espresso in questo senso per esempio il principe di Savoya che assicurava che nessuno straniero riceve un beneficio nel suo paese senza il suo consenso: Niccolò V, 10 gennaio 1452: ed. Mercati, A., Raccolta di Concordati, 195-196; Leone X, 27 maggio 1515: ed. ivi 197 ecc. 68 Rebuffus, Praxis beneficiorum. Reg. 20, glossa I: 382.