Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)
SACRA THEOLOGIA - Péter Erdő, Leggi ingiuste e liberta religiosa
10 PÉTER ERDŐ sviluppato dalla seconda scolastica. Già Tommaso da Vio, detto il Caietano, afferma che i precetti e tanto meno le leggi che non servono al bene comune, non hanno alcun vigore6. Già la teologia domenicana del tardo medioevo indica come criterio di esistenza o di validità delle leggi il loro tendere al bene comune, identificato con la giustizia delle leggi stesse. Silvestro Mazzolini nella sua Summa Summarum indica quattro cause che devono coesistere perché possa esserci una legge. Se una sola di queste cause manca o viene meno, la legge non esiste o non esiste più. La prima di queste cause è la finalità che, come già menzionato, dev’essere il bene comune. Questa finalità viene identificata con la giustizia della legge7. Nella letteratura giuridico-canonica e in quella teologica dell’inizio dell’epoca moderna viene pure sottolineato che la giustizia della legge e il suo essere diretta al bene comune coincidono. Il grande penalista spagnolo Alfonso de Castro dichiara che la legge che disprezza l’utilità comune deve essere ritenuta ingiusta e contraria alla ragione naturale8. La legge che non serve al bene comune è quindi ingiusta, come ribadisce Francisco Suárez aggiungendo che in tal caso la norma ingiusta non sarebbe una legge9. Sulla scia di questa corrente di pensiero, la grande maggioranza degli autori della seconda scolastica enfatizza che le leggi ingiuste o non dirette al bene comune non sono da considerarsi come leggi. Francisco Suárez offre una sintesi storica importante su questa questione10. Gli autori carmelitani di Salamanca ribadiscono poi il fatto che, qualora la giustizia ossia il tendere al bene comune di una legge viene meno in modo oggettivo e generale, non è necessario aspettare una sua modifica da parte del legislatore o la creazione di una consuetudine contraria perché i destinatari della 6 Thomas a Vio Caietanus, Prima Secundae Partis Summáé totius Theologiae D. Thomae Aqui- natis, Doctoris Angelici, Reverendissimi Domini Thomae a Vio Caietani commentariis illustrata, q. 90, a. 2, ed. Augustae Taurinorum 1581, 381: “praecepta quae bono communi non sub- ordinantur, praecepti vim non habent”. 7 Silvestro Mazzolini (Sylvester Prierias), Summa Sylvestrina quae Summa Summarum merito mncupatur, II, Venetiis 1593, fol. 102 ra con riferimento alla STh I-II, q. 96, a. 4 espone: Quod leges dicuntur iustae vel iniustae secundum quadruplex genus causarum, quod sic intelli- ge, quia requiritur ad iustitiam earum iustitia secundum omnes causas simul, ad iniustitiam vero sufficit iniustitia secundum unam, quia secundum Dio bonum ex totali et integra causa, malum ex singulis defectibus. Ex fine igitur dicitur lex iusta, quando ordinatur ad bonum commune, quod est finis eius; iniusta vero, quando est contraria bono communi”. 8 Alfonso de Castro, De potestate legis poenalis libri duo, lib. I, cap. 1, ed; Salmanticae 1550 (rist. Madrid 1961) fol. 6: “lex, quae spreta communi utilitate pro solo particulari aliquo commodo aliquid statueret, iniusta sit censenda et rationi naturali aperte contraria”. 9 Suárez, F., De legibus, lib. I, cap. 7. n. 11 (ed. critica bilingue por Perena, L.; Corpus Hispano- rum de pace XI), Madrid 1971. 140. 10 Suárez, F., De legibus, lib. I, cap. 7, n. 1-16: ed. cit. 124-157.