Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)

SACRA THEOLOGIA - Péter Erdő, Leggi ingiuste e liberta religiosa

LEGGI INGIUSTE E LIBERTA RELIGIOSA 11 legge siano liberati dall’obbligazione di osservarla. Basta per questo una proba­bilità forte ed oggettivamente fondata11. Tutta questa tradizione di pensiero presuppone però una visione antropologi­ca largamente condivisa, cioè la certezza che si possa sapere che cosa è buono per l’essere umano, che cosa è il bene comune. II. La SEPARAZIONE DELLA QUESTIONE DELLA GIUSTIZIA DELLA LEGGE DAL BENE COMUNE In seguito alla svolta gnoseologica della tarda modernità si cominciò però a mettere in dubbio resistenza di beni oggettivi, cominciando a ridurre la ques­tione al problema dei desideri, degli interessi basati su delle scelte soggettive. Così si è arrivati a un concetto più relativo e formale di giustizia e alla separa­zione del bene comune (ritenuto forse inesistente o non riconoscibile) dalla gius­tizia. La maggior parte delle teorie moderne, infatti, ha un carattere politico e si stacca dall’aspetto tradizionale giuridico. Da non pochi viene condiviso il prin­cipio “della priorità del giusto sul bene”. Quest’ultimo sarebbe “soggettivo in quanto la società registra una pluralità di visioni del bene, mentre il giusto, in­teso come l’insieme delle regole e delle istituzioni che rendono possibile una coesistenza rispettosa della libertà e dell’uguaglianza dei soggetti plurali”, sa­rebbe “oggettivo”12. Secondo autori come John Rawls la “pretesa dimostrabilità razionale di una metafisica o di una morale” come pure “quella delle religioni e delle fedi, è una questione che riguarda solo coloro che le sostengono e non può entrare a far parte della ragione pubblica”13. Tale visione però non può essere accettata da coloro che avanzano una pretesa di verità e pensano di “rivolgersi a tutti e non solo a coloro che già condividono le loro convinzioni”14. Inoltre, in­dipendentemente dalla visione teorica della giustizia che un legislatore condi­vide, nessuna legislazione può rinunciare all’identificazione di certi valori os­sia di beni fondamentali che la società deve perseguire15. Anche se gli organi di potere di uno stato negano l’esistenza di beni oggettivi e riconoscibili, sono 11 Salmanticenses, Cursus Theologiae Morális, III, Tract. XI, cap. 4, punctum 1, n. 4: ed. Vene- tiis 1734. 49: “An vero cesset lex ipso facto, vel expectanda sit declaratio legislatoris, vel abro­gano illius, vel conrtaria consuetudo? Affirmant Soto et Montesinos. Sed alii omnes merito id negant, asserentes, legem ipso facto cessare, hoc ipso, quod finis adaequatus illius ruat; quia hoc ipso redditur inutilis bono communi, et ideo a ratione legis cadit, nec requiritur, quod toti com- munitati cessatio causae innotescat (...) Et licet lex videatur esse in possessione, probabile est non esse, cum sit probabile, esse inutilem”. 12 Del Vecchio, G. - Viola, F., Giustizia, in Enciclopedia filosofica, V. Milano 2006. 4885. 13 Del Vecchio, G. - Viola, F., Giustizia, in Enciclopedia filosofica, V. 4885; cfr. Rawls, J., A Theory of Justice, Cambridge (Mass.) 1971. 14 Del Vecchio, G. - Viola, F., Giustizia, in Enciclopedia filosofica, V. 4885. 15 Ibid.

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