Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Forteenth International Conference «Questioni sul tema della provisione canonica degli uffici ecclesiastici» 11th February 2013 Velasio De Paolis, C. S., Il Codice del 1983 ultimo documento del Vaticano II

IL CODICE DEL 1983 ULTIMO DOCUMENTO DEL VATICANO li 221 ca moderna”. Di fronte al moderno che cercava in tutti i modi e in tutti i campi la novità, ponendosi in rottura con il passato, la Chiesa ha cercato in un primo momento di difendere la sua posizione e il passato, con il rischio di chiudersi alla modernità. Il momento della frattura clamorosa è stato la pubblicazione del Sillabo sotto il Pontihcato di Pio IX. Si tratta della condanna di una serie di errori, che caratterizzavano la modernità. Al Sillabo seguì la condanna del modernismo che era ritenuta l’eresia che sintetizzava tutte le eresie; minava le radici della fede, eliminando lo stesso soprannaturale e riducendo il messaggio cristiano a una realtà puramente razionale. S’imponeva la necessità di un con­fronto, di riprendere il dialogo con la cultura moderna. Tale confronto stentava a decollare. L’occasione propizia fu il Concilio Vaticano II annunciato da Giovanni XXIII nel 1959, quasi all'inizio del suo Pontificato. Il Concilio fin dall’inizio si presentò con delle caratteristiche anomale rispetto a quelle dei Concili del passato. E’ necessario renderci conto di tali caratteristiche per com­prendere lo stesso Concilio e soprattutto il post-concilio. d) Caratteristiche del Concilio Il nuovo Concilio, che si annunciava, doveva compiere, secondo l’espressione di Giovanni XXIII, un aggiornamento della Chiesa: doveva compiere uno sfor­zo per superare l’emarginazione della Chiesa dalla società e dal campo della cultura. Doveva essere un Concilio pastorale, che, più che condannare dottrine e responsabili di esse, doveva tendere al recupero dei lontani e degli uomini di cultura; doveva caratterizzarsi per il dialogo, non per le condanna: dialogo con gli altri fratelli cristiani non cattolici (ecumenismo), con le altre religioni (Eb­rei, Islam) persino con gli uomini che non credevano in Dio. Si doveva pertanto evitare la proposta di dottrine, la condanna esplicita e diretta di errori; si doveva cercare un linguaggio conciliativo e di proposta più che di condanne nette. Si doveva in qualche modo trovare una strada nuova diversa dal passato. Si dove­va iniziare in qualche modo un nuovo cammino, che portasse la Chiesa al passo con i tempi, evidenziando particolarmente la sua dimensione spirituale, caris­matica piuttosto che quella giuridica. Le parole che assursero a un significato carico di emozioni furono: dialogo, segni dei tempi, modernità, carisma, esca­tologia. Si trattava evidentemente di atteggiamenti che nell’animo dei propo­nenti e dei Padri conciliari rimanevano nell’ambito della ortodossia. Però pro­prio per le loro caratteristiche si presentavano anche esposti ad ambiguità, ad interpretazioni erronee, particolarmente da parte di alcuni; interpretazioni erronee o parziali che trovavano nella stampa e nei mezzi di comunicazione accoglienza e diffusione, sia durante il periodo del dibattito conciliare sia nel periodo successivo riguardante la interpretazione dello stesso Concilio. Così divenne piuttosto diffuso un atteggiamento di rifiuto e rigetto della tradizione, fino ad affermazioni abnormi quali quella di ritenere che la Chiesa vera e auten­tica di Cristo cominciasse la sua vita con il Concilio Vaticano II.

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