Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Le liturgie orientali dopo la Sacrosanctum Concilium - Aspetti teologici e giuridici

LE LITURGIE ORIENTALI DOPO LA SACROSANCTUM CONCILIUM 157 teologicopatristico ai sacramenti può anche limitare in un certo modo la cosid­detta sistematicità del discorso teologico3’. 2. I rapporti con i cristiani non cattolici nel campo liturgico-sacramentale I canoni che riguardano la condivisione della vita sacramentale con i cristiani non cattolici sono in sostanza identici nel codice orientale (CCEO c. 671) e nel codice latino (CIC c. 844). La base di questi canoni è il n. 8 dell 'Unitatis redin- tegratio, il quale stabilisce che la comunicazione nelle cose sacre non deve essere considerata come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabil­imento dell’unità dei cristiani. Questa comunicazione dipende soprattutto da due principi: dalla manifestazione dell’unità della Chiesa e dalla partecipazione ai mezzi della grazia. La manifestazione dell’unità perlopiù vieta la comuni­cazione. La partecipazione della grazia talvolta la raccomanda”. Il Direttorio Ecumenico del 1993 precisa che “la comunione eucaristica è inseparabilmente legata alla piena comunione ecclesiale e alla sua espressione visibile”39 40. Per questo può essere imbarazzante quando una persona che non ha accettato pubb­licamente la fede cattolica, chiede pubblicamente, tra circostanze ordinarie, la comunione eucaristica. Eppure nei casi menzionati nei rispettivi canoni, ci sono delle possibilità di amministrare la comunione, la penitenza e l’unzione degli infermi ai fedeli delle chiese orientali che non hanno la piena comunione con la Chiesa Cattolica, se lo chiedono spontaneamente e sono ben disposti (CCEO c. 671 § 3). Anche i fedeli cattolici, nel caso di necessità o di vera utili­tà spirituale, se non possono recarsi fisicamente o moralmente dal ministro cat­tolico, evitando sempre il pericolo di errore o d’indifferentismo, possono rice­vere i sacramenti della penitenza, dell’Eucaristia e dell’unzione degli infermi da ministri non cattolici nella cui chiesa sono validi questi sacramenti (CCEO c. 671 § 2). In questo contesto però i cattolici devono rispettare nella misura del possibile la disciplina orientale e se la rispettiva chiesa non cattolica “riserva la comunione sacramentale ai propri fedeli, (...) i cattolici devono astenersi dal prendervi parte” - come ribadisce il Direttorio Ecumenico41. Il doveroso rispet­to verso la disciplina delle chiese orientali non cattoliche, oltre la necessità di evitare gli scandali proviene anche dalla dignità delle chiese orientali che se­condo la terminologia coerente, sia del Concilio Vaticano II che dei documenti della Santa Sede, chiarita in modo speciale anche nella dichiarazione Dominus Iesus, sono delle vere chiese, affidate quindi ai sacri pastori validamente ordi­39 Cfr. Szabó, P., A keleti egyházak szentségi joga, 85. 40 Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, Dir. La recherche de l'unité (25 mart. 1993), n. 129: AAS 85(1993) 1088. 41 Ivi n. 124: AAS 85 (1993) 1087.

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