Folia Theologica et Canonica 1. 23/15 (2012)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, E’ peccato grave ogni delitto canonico?

132 PETER CARD. ERDŐ posizione di diritto canonico positivo. Clemente V infatti al Concilio di Vienne (1311-1312)- come dicono le collezioni canoniche medievali - ossia il Conci­lio celebrato sotto la guida del papa, öltre a sopprimere 1’Ordine cavalleresco dei Templari, ha preso decisione anche circa la discussione sulla povertà neirOrdine dei Francescani. E' sorta la domanda su in ehe misura sono da con- siderarsi precetti, in ehe misura obbligano persino sotto pena di peccato mor­tale alcune disposizioni della Regola che non prescrivono direttamente l’osser- vanza dei consigli evangelici, ma regolano per esempio alcuni dettagli riguardo all'abito religioso. Il Concilio ha dato una risposta moderata alla questione, la quale è stata assunta anche nella collezione delle Clementine (Clem 5.11.1). Il decreto sinodale ribadisce ehe i precetti della Regola obbligano sotto pena di peccato mortale, ma bisogna ricavare dalle parole se una frase debba conside- rarsi precetto sia positivo sia negativo (divieto) o meno. Il decreto osserva in­fatti ehe “la parola teneantur ha forza di precetto nella Regola”2. Non è per caso ehe questo brano si trova nel libro V delle Clementine sotto il titolo che íratta sui significato delle parole (De verborum significatione). Fino ai nostri giomi, si pone sempre di nuovo la domanda circa la differenza tra la forma di espres- sione delle disposizioni giuridicamente obbligatorie e quella delle raccomanda- zioni e degli incoraggiamenti3. Anche Alfonso de Castro traita dettagliatamente della forma di espressione dei precetti (ed equivalenti) ehe si trovano nelle leggi canoniche per evitare ehe si debba spiegare in modo rigorista ogni invito delle leggi come obbligatorio sotto pena di peccato mortale4. Considera come un cri- terio importante se la legge preveda o meno una sanzione penale per il caso del­la trasgressione di un suo prescritto. Nel caso positivo, ossia se la disposizione della legge ha un carattere penale, allora, anche se le parole non contengono espressamente un precetto, ma solo un invito, la norma obbliga sotto pena di 2 Clem 5.11.1: (...) in regula hoc verbum ’teneantur’ obtinet vim praecepti (...). Friedberg, Ae. (ed.), Corpus luris Canonici, II. 1881. 1195. 3 Cf. per es. Erdő, P., Expressiones obligationis et exhortationis in Codice turis Canonici, in Pe­riodica 76 (1987) 3-27. Sui problemi dei linguaggio delle leggi vedi anche Wächter, E., Gesetz im kanonischen Recht. Eine rechtssprachliche und systematisch-normative Untersuchung zu Grundproblemen der Erfassung des Gesetzes im katholischen Kirchenrecht (Münchener theolo­gische Studien, III: Kanonistische Abteilung 43), St. Ottilien 1989, specialmente 9, 24-25. 4 A questo riguardo hanno cercato una soluzione meno rigida anche gli autori più antichi. Silvest- ro Mazzolini (14567-1527) per es. afferma che il peccato che viene commesso contro i precetti della legge divina, naturale o umana è mortale. Conosce tuttavia, seguendo le traccie di San Tommaso d’Aquino, anche delle eccezioni a questa regola. Cost prima di tutto per motivo del consentimento non perfetto dei delinquente o per l’oggetto poco significativo: Sylvester (Mazzolini), Summa Sylvestrina quae summa summarum merito nuncupatur, Peccatum § 3: ed. Ad Signum Concordiae, Veneriis 1593. IL fol. 215va: omnia peccata quae sunt contra praecepta divinae, aut naturalis, aut humanae legis de quo infra Praeceptum § 2 [fol. 237va-237vb] sunt peccata mortalia secundum omnes doctores regulariter. Quod tamen fallit secundum S. Tho- mam dupliciter. Primo ex imperfectione actus (...) Secundo ex imperfectione obiecti, ut si cont­ra iustitiam flat in aliquo minimo 2.2. q. 59 [Summa Theologiae, II—II, q. 59 ad 4],

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