Folia Canonica 8. (2005)

STUDIES - Orazio Condorelli: Coesistenza di comunita di rito diverso nel medesimo territorio: principi canonici e frammenti di esperienze

8 ORAZIO CONDORELLI si già rette da prelati greci di obbedienza costantinopolitana. Il fondamentale principio di organizzazione è fissato nel nono canone conciliare (Quoniam in plerisquepartibus). Le sue disposizioni mirano a risolvere, in termini generali, i problemi sorti in diocesi popolate da fedeli ehe appartengono a riti diversi ovve- ro parlano lingue diverse2. Il modello disegnato dal canone non si discosta, sulla questione fondamentale, da un principio che già aveva trovato sanzione—seppu- re in circostanze storiche differenti - nel primo concilio ecumenico di Nicea (325): “un solo vescovo per ogni città”3. Il canone lateranense riaffenna infatti il divieto di una doppia gerarchia ail’interno della medesima diocesi, cosi ponen- dosi nel soleo di una tradizione canonica millenaria: “Prohibemus autem omnino ne una eademque civitas sive diocesis diversos pontifices habeat, tanquam unum corpus diversa capita, quasi monstrum”. Dove 1’immagine dei mostro dalle moi­te teste costituisce la degenerazione di un modello ehe traeva origine nella teoló­gia paolina dei corpo mistico, e ehe la dottrina canonistica era solita utilizzare per la sua idoneità a raffigurare la Chiesa nella sua dimensione monarchica, unitaria e ad un tempo complessa. Il principio affermato da Innocenzo III ricollega il legislatore del secolo XIII al pensiero degli antichi Padri. Nel canone Quoniam, come nella tradizione a cui esso si ispira, l’identifïcazione fra il vescovo e la civitas è assoluta. Se la civitas rappresenta 1’elemento personale della comunità cittadina, non di meno essa si riconnette stabilmente col territorio dove la comunità è stanziata. Quando la civi­tas è vista sotto l’aspetto della comunità di fedeli, cioè nell’accezione di ecclesia, il vescovo emerge come figura che ne rappresenta l’unità nella fede in Cristo: la Chiesa locale ha nel suo caput, il vescovo, la manifestazione visibile della sua unità. Si tratta di convinzioni ehe percorrono i secoli dell’età di mezzo e danno 2 Concilio Lateranense IV, c. 9: “Quoniam in plerisque partibus intra eandem civitatem at­que diocesim permixti sunt populi diversarum linguarum, habentes sub una fide varios ritus et mores, districte precipimus ut pontifices huiusmodi civitatum sive diocesum provideant viros idoneos qui, secundum diversitates rituum et linguarum, divina officia illis celebrent et eccle­siastica sacramenta ministrent, instruendo eos verbo pariter et exemplo. Prohibemus autem omnino ne una eademque civitas sive diocesis diversos pontifices habeat, tanquam unum cor­pus diversa capita, quasi monstrum. Set si propter prescriptas causas urgens necessitas postu­laverit, pontifex loci catholicum president nationibus illis conformem, provida deliberatione constituat sibi vicarium in predictis, qui ei per omnia sit obediens et subiectus. Unde si quis ali­ter se ingesserit, excommunicationis se noverit mucrone percussum; et si nec resipuerit, ab omni ecclesiastico ministerio deponendum, adhibito, si necesse fuerit, brachio seculari ad tan­tam insolentiam compescendam” [A. GarcIa y García (ed.), Constitutiones Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis glossatorum (MIC, Series A: Corpus Glossatorum 2), Città del Vaticano 1981, 57 s.; v. anche G. Alberigo - G. Dossetti - P.-P. Joannou - C. Leonardi - P. PRODI (edd.), H. Jedin consultante, Conciliorum oecumenicorum decreta (d’ora in poi COD), Bologna 19733,239]. II canone fu poi incluso nclle Decretales di Grego­rio IX (X. 1.31.14). 3 Concilio di Nicea, c. 8 (COD 10 s.).

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