Folia Canonica 8. (2005)

STUDIES - Orazio Condorelli: Coesistenza di comunita di rito diverso nel medesimo territorio: principi canonici e frammenti di esperienze

COESISTENZA DI COMUNITÀ DI RITO DIVERSO NEL MEDESIMO TERRITORIO 9 forma duratura al comune modo di pensare. Nel suo duplice ruolo di sacerdote e pastore, nella liturgia e nel governo dei gregge dominico, il vescovo è legato alla civitas-ecclesia in un rapporto tendenzialmente indivisibile. Tale vincolo era rappresentato col simbolo dei matrimonio mistico, formato a immagine delTunione di Cristo con la sua Sposa, la Chiesa. Un vincolo reso sacro nella ce- lebrazione della consacrazione episcopale, ma sorto da una scelta (electio) che la tradizione canonica voleva fosse compiuta dal clero e dal popolo4. Se Vepisco­pus, la civitas e il luogo in cui la comunitá ecclesia risiede sono legati da vincoli tanto stretti, tanto intimamente compresi da essere rappresentati sotto la metafo­ra del corpus, ecco allora ehe il valore del principio già sancito nel Concilio di Nicea, e riconfermato nel canone lateranense, puö essere più agevolmente coito nella pienezza dei suo significato. Nel canone Quoniam si presuppone ehe una sia la civitas, una la comunitá dei fedeli intesa come corpo ordinato sottoposto alla giurisdizione di un vescovo; un corpo ehe sarebbe evidentemente mostruoso se fosse dotato di due o più teste. II principio “un solo vescovo per ogni città” esprime dunque la vocazione universale e cattolica della Chiesa locale, e al con- tempo ne costituisce una garanzia: nella comune fede in Cristo e nella figura dei vescovo monarchico si ricompongono ad unità le diversità — linguistiche, rituali e disciplinari - e le divisioni storiche dei Popolo di Dio. Data questa scelta di fondo, il canone Quoniam stabilisée che, quando nella medesima città o diocesi coesistano comunitá di rito, lingua e costumi diversi all’intemo della medesima fede professata, 1’ordinario diocesano è tenuto ad af- fidare la loro cura a idonei collaboratori (viri idonei), ehe secondo tale varietà ce- lebreranno gli uffici divini e amministreranno i sacramenti. Per le funzioni indi­cate - prosegue il canone - cause di urgente necessità potrebbero tuttavia rendere opportuna la nomina di presuli - appartenenti alie diverse nationes alia cui cura di volta in volta si vuole provvedere - con stabili funzioni vicariali e in tutto ob- bedienti e soggetti alia giurisdizione dell’ordinario diocesano. La scienza giuri- dica mostra un consenso pressoché unanime nell’intepretazione di questa dispo- sizione. I canonisti vedono nel vicario previsto dal canone Quoniam un vicario di rango episcopale, titolare di potestà di governo ordinaria. Si tratterebbe, tuttavia, di un vescovo gerarchicamente subordinate all’ordinario diocesano, che rimane Punico caput della diocesi5. Tale interpretazione era dettata dalla condivisa opi­4Rinvio, su questo terna, al mio studio su Principio eleltivo, consenso, rappresentcinza. Itinerari canonistici su elezioni episcopali, provvisioni papali e dottrine sulla potestà sacra da Graziano al tempo della crisi conciliare (secoli XII-XV) (I Libri di Erice 32), Roma 2003, in particolare al capitolo I. 5 GlOVANNI Teutonico, Apparatus in Constitutiones Concilii quarti Lateranensis, c. 9, v. constituat sibi vicanum in predictis [García y García (ed.), Constitutiones, cit., 201 s.] : “Et tamen habet ordinariam potestatem, I icet dicatur vicarius episcopi, ut extra I de offic. archid. c. II (Comp.1.1.15.2, X. 1.23.1). Similiter ergo aliquis qui non est archiepiscopus potest habere suffraganeum. Similiter quandoque archiepiscopus est subditus episcopi, ut extra III de re- nunc. Ad supplicationem (Comp.III. 1.8.2, X. 1.9.9). Set a quo consecrabitur iste episcopus? A

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