Folia Canonica 8. (2005)

STUDIES - Luigi Sabbarese: Il sistema normativo canonico, riguardo al diritto missionario

60 LUIGI SABBARESE sempre più forti le proteste e le rivendicazioni dei cattolici di rito ruteno ehe ot- terranno, in seguito, da Pio X un episcopato autonomo nelle Americhe».100 «Sotto il pontificato di Leone XIII emerge una delle note rivelatesi estrema- mente fécondé per tutta la pastorale migratoria: la tutela e la valorizzazione dei gruppi minoritari anche all’intemo della Chiesa. La diaspora di cattolici di rito armeno, greco-ruteno, caldeo, bizantino fa correre loro il rischio di essere assi- milati ai cattolici di rito latino, soprattutto là dove la Chiesa locale si dimostra impreparata a gestire la diversité. [...] La Costituzione apostolica Orientalium dignitas di Leone XIII, del 1894, comminava la scomunica al sacerdote di rito la­tino che intendesse allontanare i fedeli orientali dal loro rito».101 Ambedue i Codici, latino e orientale, garantiscono a tutti i fedeli cattolici il diritto di esercitare debitamente il culto divino secondo le prescrizioni della pro­pria Chiesa e di seguire una propria forma di vita spirituale, che sia perô in accor- do con la dottrina della Chiesa (cf can. 17 del CCEO; can. 214 del CIC), come an­che il diritto «di ricevere dai Pastori della Chiesa gli aiuti provenienti dai béni spirituali della Chiesa, specialmente dalla parola di Dio e dai sacramenti» (can. 16 del CCEO; can. 213 del CIC). I migranti cattolici orientali, fermo restando il diritto e il dovere di osservare in ogni luogo il proprio rito, hanno il diritto di partecipare attivamente nelle cele- brazioni liturgiche di qualunque Chiesa sui iuris, anche della Chiesa latina, se­condo le prescrizioni dei libri liturgici (cf can. 403 § 1 del CCEO). Di conseguenza, i cattolici orientali domiciliati in territori latini e affidati ra­tione domicilii alla cura deli’Ordinario e del parroco latino non passano alla Chiesa latina, ma restano ascritti alla propria Chiesa e sono tenuti ad osservare il proprio rito, dal momento che vige il divieto di “cambiare rito” senza il consenso della Sede Apostolica (cf can. 32 del CCEO; can. 112 § 1 del CIC). La gerarchia latina locale ha l’obbligo di garantire l’osservanza dei proprio rito dei migranti cattolici orientali e il contatto con la gerarchia orientale propria di questi fedeli, specie con il Patriarca e il Vescovo eparchiale. Salvo restando il principio, secondo il quale la potestà dei Patriarchi e dei loro Sinodi viene esercitata validamente entra i confini del territorio della Chiesa pa­triarcale (cf cann. 78 § 1 e 147 del CCEO), i Patriarchi, a norma del can. 148 del CCEO, esercitano lo ius vigilantiae sui propri fedeli in tutto il mondo. Questo di­ritto e dovere consiste nel cercare le opportune informazioni sullo stato di questi fedeli, e, dopo aver discusso della cosa nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa pa­triarcale, proporre alia Sede Apostolica i mezzi opportuni da adottare per prov- vedere adeguatamente alla loro cura pastorale. II Patriarca, dunque, pub proporre 100 G.G. Tassello (a cura di), Enchiridion della Chiesa per le migrazioni. Documenti ma- gisteriali edecumenici sullapastorale della mobilità umana (1887-2000), Bologna 2001,20. 101 Ibidem, 22-23.

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