Folia Canonica 8. (2005)
STUDIES - Orazio Condorelli: Coesistenza di comunita di rito diverso nel medesimo territorio: principi canonici e frammenti di esperienze
COESISTENZA DI COMUNITÀ DI RITO DIVERSO NEL MEDESIMO TERRITORIO 11 come diversità quando è osservata dal punto di vista della Chiesa latina e dei ca- nonisti latini. Secoli di conflitti, non sono verbali e ideologici, avevano scavato un soleo incolmabile fra la latina puritas8 e il complesso di riti, discipline e co- stumi della Chiesa greca; Chiesa ehe agli occhi dell’interprete occidentale tanto più si presentava come irriducibilmente altra e diversa, quanto maggiore era la sua colpa storica consistente nel disconoscimento dei primato romano. I canoni- sti latini constatano da un lato ehe la varietà di riti, consuetudini e discipline, quando sussista ali’interno dell’unica fede in Cristo, non è di ostacolo alia sal- vezza dei credenti. Ciô nonostante, tale consapevolezza non induce gli interpreti a indagare e riconoscere le ragioni storiche di una varietà che è proporzionale alla ricchezza delle tradizioni teologiche e giuridiche delle varie Chiese rituali. Tale diversità è più sovente rappresentata corne una deviazione della Chiesa greca dalla purezza della tradizione latina, della quale, ancora per mohi secoli, sa- rebbe stata sottolineata la supériorité (praestantia)9. 4.1 principi di organizzazione previsti nel canone Quoniam costituirono il di- ritto comune al quale rapidamente si conformé la prassi ecclesiastica, primaria- mente nelle terre delTimpero latino d’Oriente, più in generale là dove comunità di rito e lingua diversi convivevano nella medesima diocesi: dal Meridione d’Italia aile isole di Cipro e Rodi, dalla Romania veneziana alla Terra Santa e alie zone di missione10. Ai fattori centrifughi ehe rischiavano di mettere inpericolo Tunità della Chiesa, Innocenzo III e i suoi successori vollero opporre una regola ispirata al principio di unità, a una reductio ad unum ehe assimila le varietà e diversità del corpo sociale nella superiore sintesi di un corpo ecclesiastico con un unico caput. Bisogna tuttavia sottolineare che nelle intenzioni innocenziane il principio dell’unicità di giurisdizione non avrebbe dovuto necessariamente consL’espressione era stata usata da Pasquale II (dicembre 1107, JL 6175) in una lettera al clero di Gerusalemme: della città si dice che è “in medio multarum posita nationum, quarum alie Christiane fidei, alie latine puritatis consuetudinem irridere conantur” ( Patrologia Latina 163 coi. 230). 9Su questi aspetti v. Condorelli, “Unum corpus, diversa capita”, cit., 25—29. L’idea della praestantia ritus Latini sarà espressa in fonna paradigmatica da Papa Benedetto XIV nella cost. Etsi pastoralis ( 1742), § II n. XIII: "... ritus enim Latinus propter suam praestantiam, eo quod sit ritus Sanctae Romanae Ecclesiae omnium ecclesiarum matris et magistrae, sic supra Graecum ritum praevalet, maxime in Italicis regionibus, ubi Latinis Episcopis Graeci subiecti sunt...” [Bullarum privilegiorum ac diplomatum Romanorum Pontificum amplissima collectio. Benedicti Papae XIVBullarium, 1.1, Romae 1746,167-185 (171 )]. Nel- lo stesso senso la cost. Allatae sunt ( 1755) dei medesimo Pontefice, § XX: “... Cum Latinus ritus is sit, quo utitur Sancta Romana Ecclesia, quae mater est et magistra aliarum Ecclesiarum, reliquis omnibus ritibus praeferri debet...” [ibidem, t. IV, Romae 1757, 286-316 (296)]. 10 Su queste diverse espericnze v. Condorelli, “Unum corpus, diversa capita ”, cit., capp. III-IX.