Folia Canonica 6. (2003)

STUDIES - Péter Szabó: Ancora sulla sfera dell'autonomia disciplinare dell' Ecclesia sui iuris

AUTONÓMIA DISCIPLINARE DELVECCLESIA SUI IURIS 161 competenza normatíva è, come noto, tassativa. È sembrato inevitabile mantene- re questa differenza essenziale deU’ultima nei confronti delle forme tradizionali degli organi sinodali ‘intermedi’. Infatti, la competenza normatíva generale da una parte, e la struttura stabile, a garanzia dei funzionamento continuo, dalFaltra, sono state considerate una combinazione ehe avrebbe potuto facil- mente conduire ad una eccessiva, e quindi facilmente illeggittima, limitazione della potestà dei vescovi diocesani. La conferenza episcopale, infatti, disponen­do della prima e della seconda caratteristica contemporaneamente, potrebbe to- gliere competenze ai singoli vescovi in maniera permanente.* 5 DelFassicurazione di una giusta autonómia dei vescovi eparchiali, appunto in quanto si tratta di un elemento dei diritto divino, owiamente non pub fare meno neanche il CCEO.6 Nel caso dei sinodi deliberativi orientali di oggi, questa problematica è stata resa particolarmente attuale dal fatto ehe nel CCEO ormai anche questi istituti si presentano come organi permanenti, e quindi dispongono di una fisionomia sostanzialmente identica a quella delle conferenze episcopali.7 Ora, se (1) la natura legislativa e il carattere permanente sono incompatibili (come sembra seguire dalFaffermazione di sopra), mentre (2) i sinodi orientali des origines au XIe siècle (Orientalia Christiana Analecta 164), Roma 1962; R. POTZ, Pa­triarch und Synode in Konstantinopel, Wien 1971 ; J. Zhishman, Die Synoden und die episko- pal-Àmter in der morgenländischen Kirche, Wien 1867; E. Lanne, Sinodo della Chiesa orto- dossa, in Dizionario dei Concilio Vaticano II, a cura di T. Federici, Roma 1969,1838-1850. 5 In questo senso, ad esempio, Giorgio Feliciani afferma che le conferenze sono istituti permanenti e, di conseguenza, se avessero il potere di legiferare su qualunque materia, potreb- bero gravemente condizionare in ogni momento importanti aspetti dei ministero dei singoli vescovi diocesani con 1’evidente pericolo di limitame eccesivamente la legittima autonómia; G. FELICIANI, Il potere normativo delle conferenze episcopali nella comunione ecclesiale, in Aa. Vv., Comunione e disciplina ecclesiale (Studi giuridici 26), Città del Vaticano 1991, 90-91. 6 Giova notare ehe la codificazione orientale ha ripetutamente sottolineata il massimo va- lore di questi brani (LG 27 e CD 8a) anche per 1’Oriente; Nuntia 3 (1976) 6, n. 3, Nuntia 9 (1979) 5-6; Nuntia 19(1984) 15; Nuntia 26(1988) 107-108. (Su questo punto dobbiamo pero ricordare il fatto che LG 27 cercava di consolidare il potere episcopale sopratutto nei confronti di quello dei romano pontifice; cf. G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, storia testo e com­mento della Lumen gentium [Jaka Book 93], Milano 41989, 306-307.) 7 Come è noto il carattere stabile delle conferenze consiste appunto nella presenza degli organi aussiliari di attività permanente, nel regime del CCEO ormai proprietà anche degli si­nodi orientali; cf. Communicationes 12 (1980) 263. CCEO cc. 113 e 171 / CIC cc. 447, 451. Nonostante questa nuova somiglianza della loro fisionomia, tuttavia rimane una differenza notevole tra le conferenze ed i sinodi orientali, in quanto le strutture di quest’ultimi, seppure siano permanenti, sono ben’ più modeste di quelle delle grandi conferenze episcopali; cf. p. e. Cmamym Cunody CnucKonie yrpaÏHCbKoï rpeKO-Kamo/iuifbKoï Ifepmu (Cxean- ettuü 17 jtuemonada 1995p. E. CunodoM CnucKonie e Pimi [Imanin]), ApT. 13, in Piutenm i noemaenoeu Cunodie CnucKonie yxpamcbKoi PpeKO-KamonutibKoi Ifepxeu 1989—1997porié, JIlbíb 1998, 57-58.

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