Folia Canonica 5. (2002)
STUDIES - Piero Amenta: La nuova normativa per lo svolgimento delle cause di dichiarazione di nullita dell'ordinazione: commento e primi rilievi
DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DELL’ORDINAZIONE 171 ehe con la disciplina attuale non vi è alcuna espressa previsione di un’azione rescissoria degli obblighi nel caso, ad esempio, di mancanza di retta e libera inten- zione (cfr. cann. 1026 e 1029 CIC e cann. 756 e 761 CCEO) o, in analogia con la disciplina dei matrimonio, in caso di grave difetto di discrezione di giudizio pro- porzionato agli oneri dello stato clericale (can. 1041, 1° CIC e can. 762, §1,1° CCEO) o, infine, per valida e completa ehe sia la comprensione razionale degli obblighi, l’ipotesi di dimostrare ehe il soggetto passivo del sacramento sia stato dei tutto incapace di portámé il peso per condizioni particolari legate alla sua sfe- ra psichica e personologica21 (can 758, §1,2° CCEO e can. 1029 CIC). b) Con l’avvento del nuovo Codice, si è posta la domanda sulla vigenza attuale della normatíva extracodiciale, sia essa universale che particolare. II Codice prevede una norma generale ehe regola questa materia, il can. 6, che, al § 1, sub 4°, recita: “Hoc Codice vim obtinente, abrogantur: ... ceterae quoque leges disciplinares universales materiam respicientes, quae hoc Codice ex integro ordinatur". Quanto alie Regulae Servandae del 1931, esse sembrano appartenere più alla categoria delle Instructiones ehe a quella delle leges disciplinares universales. Trattando il can. 6 solamente delle leggi in senso tecnico e formale, per la so- luzione della questione della vigenza, occorrerebbe disquisire sulla natura e la qualifícazione giuridica delle Regulae stesse.22 Stabilire la loro vigenza compornumeri distinti, sanciva la perdita dello stato clericale per sentenza giudiziale o decreto ammi- nistrativo se si verificavano due fattispecie diverse: 1. L’ordine sacro ricevuto ratione metus gravis o per altre cause che avessero gravemente leső la libera scelta dello stato di vita; 2. L’ordine sacro ricevuto da un soggetto affetto da gravi infermità ehe impedisca l’assunzione dell’onere del celibato. Il can. 151, perô, fu prima tenuto sospeso e poi fu cassato del tutto (Comm. 1982, 86-87). In quella medesima sede, anche il can. 150, col suo rimando al 151, fu dibattuto e la proposta dei Segretario di cancellare il riferimento al can. 151 fu messa ai voti, ottenendo il favore della maggioranza. Ma la cassazione non fu unanime né pacifica: dagli atti appare che due Consultori furono contrari ed uno si astenne perché forse intravide ehe la can- cellazione avrebbe lasciato un vuoto normativo: “Il secondo Consultore si astiene, perché se- condo lui non basta dire «quo invaliditas S. Ordinationis declaratur», ma bisogna aggiungere anche «et onera, ordine valido, rescindantur»” (Comm., 1982, p. 86, in fine). Nel Codice è ri- masto il can. 150, con gli emendamenti proposti, diventato l’odiemo can. 290 CIC, mentre è del tutto scomparso il can. 151 dello Schema. La domanda è se il provvedimento di non includere nel codice il prescritto del can. 151 sia da interpretare come la volontà del Legislatore di escludere la possibilité di un’azione rescissoria degli oneri derivanti dall’ordinazione. 1 Ad esempio, i casi di sessualità compulsiva o di evidente componenti narcisistiche della personalità: nell’uno e nell’altro caso le possibilité di assumere e dedurre in atto le responsabilité inerenti la vita di celibato sono scarsissime, se non del tutto da escludere. 1 Non vogliamo qui aprire un altro campo di indagine che sarebbe quello della valenza e della qualifícazione giuridica dei testi di carattere dispositivo emanati dalle Congregazioni romane. Oggi la questione è in qualche modo risolta dall’art. 18 della Pastor Bonus, ove si dice che i Dicasteri della Curia Romana non possono emanare leggi o altre disposizioni aventi for- za di legge se non abbiano ottenuto dal Sommo Pontefice 1’approvazione specifica in singoli casi. Sotto la vigenza del vecchio Codice le cose non erano cosi chiare: secondo la dottrina,