Folia Canonica 5. (2002)

STUDIES - Piero Amenta: La nuova normativa per lo svolgimento delle cause di dichiarazione di nullita dell'ordinazione: commento e primi rilievi

DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DELL’ORDINAZIONE 167 ri degli anni sessanta. Le Regulae presentavano senza alcun dubbio tutte le so- lennità proprie dei processo contenzioso ordinario, con gli adattamenti alla ma­teria da trattare: si parlava di giudici e di processo, di exceptio suspicionis, di acta iudicialia, di citazioni, di attore, di deposizioni, di testi di parte ed indotti ex officio, di prove e di conclusum in causa', addirittura anche di un esame peritale fisico dell’attore (cap. XV, art. 68). Del processo ordinario mancavano la conte- stazione della lite e la concordatio dubii per il fatto che, come subito diremo, esse non erano necessarie in questo tipo di cause, in cui mancava una parte convenuta ed un certo qual contraddittorio era assicurato dalla necessaria presenza dei Di- fensore della sacra ordinazione. Mancava infine una sentenza definitiva, perché la decisione finale era demandata alia sacra Congregazione.10 Era pero prescrit- ta, alio stesso modo ehe nel giudizio criminale, una inquisitio praevia (cann. 1931-1946 C/C17), di carattere stragiudiziale, volta ad accertare il fondamento delle affermazioni dei richiedente contenute nel libello.11 Peculiarità del proces­so che stiamo illustrando era il dubbio su cui le cause di nullité dell’ordinazione erano fondate: ad eccezione dei caso dei defectus sacri ritus, già ricordato, ehe esulava dalla competenza dei Dicastero dei Sacramenti, tutte le cause di nullité dell’ordinazione erano fondate su un medesimo duplice dubbio: stando al can. 1993, poteva essere impugnata non solo la validité dell’ordinazione in quanto tale, ma anche la validité dell’assunzione degli oneri da essa promananti.12 La prescrizione del § 1 del can. 1993 si traduceva, nella prassi della Congregazione, bili). Espressione massima di questo clima che abbiamo definito procedimentalista fu rinstructio Provida Mater Ecclesia, del 1936, a cura della medesima Congregazione dei Sa­cramenti. Seppure la Provida Mater ebbe, dal punto di vista dottrinale, il merito di risolvere questioni processuali intricate e di dubbia interpretazione nonché il merito grande di aver mar- cato un confine preciso tra ambito giudiziario ed ambito amministrativo, affatto chiaro nel Co­dice (cf. Tit. XX del CIC 17), contribui a rendere più lenta la macchina processuale, fece sorge- re questioni di gerarchia e natura delle norme ivi contenute e, in definitiva, non risolse le diffi- coltà di ricezione dei Codice. E’ evidente che tutti i testi di carattere normativo editi dalla Con­gregazione in quel periodo storico presentano tutti la caratteristica sopra descritta. 10Tuttavia, nell’art. 70, § 2 si parla di una sententia de sacrae ordinationis vel saltem one­rum validitate aut nullitate, compito dei giudice ehe si era occupato di condurre 1’istruttoria. E’ evidente che, non trattandosi di sentenza definitiva, il termine andava inteso nel senso di una ampia relazione (1 'apta relatio dei corrispondente processo super rato!) nella quale 1’istruttore riassumeva Piter della causa e faceva emergere, dai dati raccolti, gli elementi a fa­vore o a sfavore della nullité, ed altre utili indicazioni per la Congregazione. 11 Regulae Servandae, art. 6. 12 In questo secondo caso, per espressa ammissione delle Regulae (art. 70, § 2), il riferi- mento era al can. 214, nel quale si faceva riferimento al chierico costretto a ricevere l’ordinazione (metu gravi coactus) il quale, dopo la cessazione della forza coattiva, mai aveva ratificato saltem tacite per ordinis exercitium l’ordinazione ricevuta. La mancata ratihabitio era belementő che in obliquo segnalava, sul piano probatorio, la coazione subita, dimostrata in via diretta con la confessione giudiziale ed extragiudiziale.

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