Folia Canonica 4. (2001)
STUDIES - Péter Szabó: Osservazioni intorno allo stato giuridico della Chiesa greco-cattolica d'Ungheria - Figura codiciale e particolarita locali
96 PÉTER SZABÓ Come risulta dalla proposta del PIO, a prima vista, sembrava che la soluzione più facile del problema sarebbe stata quella di estendere lo stato arcivescovile a tutte le Chiese orientali cattoliche, benché non aventi il grado patriarcale, ma riconosciute autonome. Cosi alla testa di queste Chiese ci sarebbe stato sempre un prelate con il titolo di Arcivesco maggiore; allô stesso tempo, per quanto riguardava gli istituti giuridici conformi al livello deli’arcivescovado maggiore, di essi naturalmente sarebbero stati applicati nei singoli casi solo quelli ehe potevano essere stabiliti in base all’attuale grado di perfezione strutturale di ciascuna comunità.7 Nonostante queste affermazioni iniziali, il primo schema sulla struttura gerarchica delle Chiese orientali comunque non si riferisce per nulla alle comunità non aventi almeno una struttura metropolitana.8 Per eliminare questa lacuna giuridica ormai palese, durante la discussione generale del piano, il titolo V dello schema De Constitutione Hierarchien, che trattava le Chiese metropo- litane, venne diviso in due capitoli di cui il secondo riguardava le caratteristiche generali della categoria “riassuntiva”, chiamata ceterae Ecclesiae sui iuris.9 Quanto alla divisione sistematica di questa parte del CCEO si tenga presente che 1’attuale titolo VI, il quale regola sia lo statuto metropolitano ehe quello di “altre Chiese”, è Punico ehe contenga la descrizione giuridica di più di una variante di Chiesa sui iuris. Questo fatto, cioè che la normatíva riguardante le cosiddette altre Chiese sui iuris non è stata inserita sotto un titolo distinto da quelle metropolitane, è significativo. Visto le loro configurazioni codiciali, le comunità orientali metropolitane ed a fortiori quelle di grado strutturalmente meno perfette rappresentano varianti “provvisorie” delle Chiese sui iuris. Infatti, in forza della direttiva conciliare già riferita, vi è una presunzione giuridica per Puguaglianza di tutte le Chiese sui iuris (OE 3). Di conseguenza, il fatto ehe il diritto comune non prevede lo stesso e identico spazio d’azione (cioè grado d’autonomia) a tutte loro, non dev’esser interpretato come segno della disugua- glianza, bensi come una conseguenza inerente al loro grado di perfezione attuale. Infatti, è solo la mancanza di strutture ehe le esclude dallo statuto di autonómia più perfetta della Chiesa arcivescovile maggiore. In breve, le diversité negli spazi d’azione concesse dal CCEO attraverso i diversi statuti di «Ecclesia sui iuris» non bisogna ehe siano interpretate come differenza in diritti, bensi semplicemente come segni della diversità dei modi d’applicazione dei diritti in fondo simili (ius - usus iuris). Quando poi la perfezione strutturale di 7 Nuntia 26 (1988) 110. Come proposta, la questione dell’attribuire il titolo arcivescovile si è sollevata anche più tardi: cf. Nuntia 22 (1986) 123. 8 Cf. Schema canonum de constitutione hierarchica Ecclesiarum Orientalium, in Nuntia 19 (1984). 9 Nuntia 22 (1986) 11-12; 122-124. A prescindere da alcune modifiche di poca impor- tanza (vedi Nuntia 27 1988 41 28 1989 46), il diritto vigente è praticamente identico al testo iniziale, inserito in occasione della divisione sopra menzionata dei titolo.